SOLENNI PROMESSE, PLATEALMENTE SMENTITE

Era il 25 luglio del 2002. Il consiglio comunale stava per concludere, dopo diverse sedute, la trattazione del nuovo statuto, aggiornato dopo quasi dieci anni dalla sua prima adozione. Il clima era surriscaldato. Nessuna novità, era la prassi. L’allora maggioranza di Centrosinistra aveva blindato la propria linea d’azione, bocciando (ad esclusione di alcuni, marginali emendamenti) le proposte provenienti dall’allora opposizione. Il Centrodestra e le altre schegge di minoranza (da Portale a Pennisi), però, votarono l’atto «nell’interesse della città», ma presentarono un documento per sottolineare tutte le proprie riserve. «Alcune scelte operate dall’amministrazione comunale e votate dall’attuale maggioranza di Centrosinistra non possono essere condivise, a partire dalla scelta di aumentare da sei a sette gli assessori comunali, ingiustificata sotto ogni profilo politico, amministrativo ed economico», contestavano i consiglieri di opposizione. Gli stessi che avevano anche proposto «di affidare in futuro la presidenza del consiglio comunale e delle commissioni consiliari alla minoranza» e pure «di non aumentare il gettone di presenza dei consiglieri comunali». Tutte proposte bocciate dal centrosinistra. Da qui la promessa aulica dell’allora Centrodestra: «Qualora fossimo chiamati a governare la nostra città, riporteremo nella prossima legislatura consiliare le proposte di modifica bocciate dall’attuale maggioranza». Una promessa riportata su carta e firmata da Pasquale Lavenia, Dino Pennisi, Santo Zammataro, Antonio Portale, Vincenzo Randazzo e Nino Greco.
Ebbene, lor signori si trovano adesso in maggioranza e, nonostante in questa consiliatura si sia ulteriormente modificato lo statuto comunale, quelle solenni promesse risultano platealmente smentite. Una per una.
Il settimo assessorato è ancora lì, anzi lo detiene proprio la parte politica che fa riferimento a Portale, colui che più di tutti ha osteggiato la sua creazione. La presidenza dell’assemblea cittadina è affidata non certo alla minoranza, ma a quello stesso Portale. Idem per le commissioni. L’aumento del gettone di presenza o la sua trasformazione in un vero e proprio stipendio per i consiglieri sono proposte spesso sollecitate e non si esclude che possano realizzarsi in questa consiliatura.
Insomma, hanno smentito loro stessi. Ma l’elenco delle cose promesse e non mantenute, delle cose contestate ed ora riproposte si potrebbe allungare a dismisura. L’affidamento dell’incarico di addetto stampa per 5 milioni di lire al mese («scelta immorale, che offende i disoccupati di Biancavilla»), le nomina di esperti e consulenti («sperpero di denaro pubblico»), la soluzione delle discariche abusive, la pulizia del paese ed il verde pubblico, l’eliminazione dei favoritismi, la presenza della televisione nell’aula consiliare rappresentano alcune delle battaglie-simbolo dei gruppi consiliari che si opponevano a Pietro Manna. Ma su queste battaglie, nessun componente di Centrodestra, arrivato al potere, è stato consequenziale con i suoi stessi pronunciamenti.
L’incarico di addetto stampa è stato nuovamente affidato e con una spesa che a fine sindacatura sarà 10 volte tanto la precedente (un incarico, va detto, che per un Comune come Biancavilla rimane indispensabile, ma alla solita banda di perbenisti va chiesto: non c’è più nulla di immorale?). Le consulenze sono aumentate e le relative spese schizzate a quasi 300mila euro annui (non sono più sprechi?). Le discariche di immondizia ancora adornano il territorio comunale, il paese è più sporco e il verde pubblico lascia a desiderare (il solito clan è diventato cieco?). I favoritismi e i malcostumi continuano (dai giovani impiegati nel servizio civile -tutti parenti di assessori, consiglieri e segretari di partito- alle associazioni che nascono come funghi, riconducibili persino a politici o costituite ad hoc per determinati incarichi). Le riprese televisive sono state abolite (ogni regime che teme la trasparenza lo fa) ed è stato istituzionalizzato l’oscuramento dell’assemblea cittadina, annullando uno strumendo di partecipazione.
Vi è, in altre parole, un evidente scollamento tra gli intenti, le promesse e le battaglie-simbolo del “Centrodestra di opposizione” e l’azione politico-amministrativa del “Centrodestra di governo”. Non si tratta di entità diverse, ma perfettamente identiche: stessi personaggi, stesse forze politiche, stessi riferimenti ad onorevoli. Eppure l’accostamento non regge.
No, non si sta facendo un raffronto tra le promesse espresse in campagna elettorale da Mario Cantarella e i provvedimenti ora adottati dal primo cittadino. Qui il confronto è tra gli annunci dei vari Lavenia, Portale, Zammataro e Pennisi ed il fatturato politico di Centrodestra che è miseramente fallimentare e contrario, nei contenuti, agli intenti iniziali.
Viene da fare una considerazione. Amara e di grande delusione.
L’azione politica del Centrodestra ai tempi di Manna, in un primo momento pensata e guidata da Vincenzo Randazzo, veniva svolta con l’approfondimento di problematiche reali, con studi, sopralluoghi, ricerche, dossier e proposte. Poi il capogruppo di An ha dovuto cedere sempre più spazio alle spinte populiste e demagogiche di Pasquale Lavenia, che unite allo scaltro moralismo di Antonio Portale, involgarirono il dibattito politico, riducendolo a rozza produzione di insulti e trasformando l’assemblea cittadina in un campo impantanato in cui condurre lotte barbariche.
Oggi si comprende come quella martellante azione d’assalto non era dettata da un sincero ideale di cambiamento, da un progetto di miglioramento o dall’intento di modificare modi e stile della politica locale, ma dal gusto e dalla rivalsa (fine a sé stessa) di avere il potere, senza nemmeno saperlo utilizzare ora in coerenza ai sermoni pronunciati prima.
Ecco perché, a trenta mesi dalla scadenza elettorale, ogni riferimento al progetto di cambiamento (inteso soprattutto in senso culturale) proposto da Mario Cantarella non è più credibile. Non perché il primo cittadino non lo desideri. Ma perché è un progetto non condiviso: coloro che gli stanno attorno non lo vogliono. Non lo hanno mai voluto.
Vittorio Fiorenza