ANDREA INGIULLA E I BORDELLI IMMAGINARI

«(…) Nel quartiere in questione, localizzato in zona periferica del paese, vi sono condensate vere e proprie sacche di marginalità che danno origine a forme di sottocultura e sottoccupazione. Le abitazioni popolari su viale Europa e via Martoglio non risultano in condizioni igienico-sanatarie perfette e consone al vivere civile. Nelle palazzine sopra citate insistono nuclei familiari eterogenei (promiscuità, convivenze, separazioni, prostituzioni, famiglie monogenitoriali costituite solo da donne con figli a carico). Dal punto di vista economico tali famiglie versano in condizioni di disagio economico (bassi redditi), che unitamente alle problematiche sopra citate generano arretratezza culturale, disfunzione nella educazione della prole, abbandono scolastico da parte dei ragazzi».
Il testo che avete appena letto non è tratto da una relazione sulle condizioni di Scampia, a Napoli. E neanche da un reportage in malfamate periferie metropolitane di qualche inviato devoto al giornalismo sensazionalistico. E neppure, come suggerirebbe il linguaggio e lo stile da intendente borbonico, da un ingiallito rapporto d’archivio sulle condizioni dell’entroterra siciliano datato 1848. La sconcertante e drammatica descrizione che avete letto -difficile a crederlo- riguarda il quartiere di Spartiviale, a Biancavilla, ed è contenuta in una delibera di giunta, approvata pochi giorni fa, sui “Contratti di quartiere II” per la richiesta di finanziamenti da destinare a zone urbane in degrado.
Ora, le cose sono due. O il quadro illustrato, per quanto desolante, corrisponde a verità e allora, come minimo, bisognerebbe allertare la prefettura, riunire il comitato per l’ordine pubblico, convocare una riunione straordinaria del consiglio comunale e avviare un grande dibattito pubblico in tutte le sedi per capire le ragioni di simili miserie. O si tratta -come riteniamo- della più grande bufala confezionata stavolta non dai “soliti” giornalisti esagerati o da oppositori che strumentalizzano, ma dall’assessore ai Lavori pubblici, Andrea Ingiulla, responsabile dell’atto.
Senza scomodare i Servizi sociali o prendere in esame statistiche sull’abbandono scolastico, chi abita e vive a Biancavilla non può rimanere che sconvolto da come è stato dipinto Spartiviale. Ognuno può comprendere benissimo che quanto affermato per iscritto è privo di ogni legame con la realtà. Affermazioni che sembrano estrapolate dai capitoli sulle desolanti condizioni sociali della Biancavilla pre-unitaria descritte nel celebre studio del prof. Giuseppe Giarrizzo, ma che nulla hanno a che vedere con la Biancavilla contemporanea.
Gli abitanti del viale Europa e dintorni hanno tutte le ragioni per rimanere offesi. L’assessore Ingiulla ha il dovere di presentare le sue scuse o almeno chiarire. In consiglio comunale, la vicenda è stata evidenziata da un esponente della stessa maggioranza, Alfio Furnari, capogruppo dell’Udc, lasciando l’Aula a bocca aperta, incredula. In quell’occasione, Furnari ha duramente attaccato Ingiulla, sollecitandolo a «chiedere scusa ai biancavillesi». L’assessore ha balbettato qualcosa, chiamando in causa i Servizi sociali, ma non ha convinto nessuno. Evidentemente ritiene che a Spartiviale ci siano tuguri utilizzati come lupanari, donne in minigonna che sculettano in strada roteando la borsetta, bambini lasciati in abbandono, situazioni di «promiscuità» (ma che significa?) e di sottosviluppo. Ma Spartiviale non è San Berillo o San Cristoforo. E’ un quartiere in cui abitano persone perbene e civili come in qualsiasi altra parte del paese, con singole ed isolate situazioni di degrado come in qualsiasi altra parte del paese. Sottoscrivere una relazione di quel tipo significa offendere l’intelligenza di tutti i biancavillesi. Ognuno dei quali sa che, a differenza di altri paesi, qui non esistono quartieri “alti” e quartieri “bassi”, ma tutte le zone di Biancavilla presentano, tutto sommato, parametri socio-economici omogenei. A meno che studi seri e scientifici ci dimostrino il contrario.
Perché dunque parole così dure e false per descrivere lo stato sociale di Spartiviale? La ragione più plausibile è una. Partecipando ad un bando sui quartieri da recuperare, l’assessorato ai Lavori pubblici ha pensato “bene” di allegare non una relazione veritiera ma di costruirla ad arte, esagerando, inventando, ingigantendo, pur di tentare di accedere ai finanziamenti. Ovviamente questo non giustifica nulla, anzi evidenzierebbe una richiesta-bluff perché sostenuta da documentazioni irreali.
Non è la prima volta che accadono episodi analoghi. Già qualche anno fa, un altro genio amministrativo che vanta la giunta Cantarella aveva avanzato la richiesta alla Regione Siciliana di dichiarare Biancavilla «città d’arte, a prevalente economia turistica». Era stato l’assessore allo Sviluppo economico, Pasquale Lavenia, ad istruire le pratiche e portarle in giunta, che approvò apposita delibera, scambiando la grotta di Sberno per le Grotte di Frasassi, Giuseppe Tamo per Michelangelo, la Fontana Vecchia per la Fontana di Trevi, Villa delle Favare per la Reggia di Caserta, la basilica dell’Elemosina per il Duomo di Milano. «Biancavilla -secondo Lavenia- a ragione rientra tra quelle cittadine che annoverano il turismo fra le sue attività economiche più importanti».
Un atteggiamento strampalato, approssimativo, ridicolo, privo del senso della realtà che dimostra la presenza di un abisso tra amministratori e amministrati. Un solco tra il palazzo comunale e la città. Che non fa udire, a coloro che detengono il governo cittadino (ma vale anche per coloro che hanno il ruolo di opporvisi), gli umori della gente, le loro lamentele, le loro opinioni, le loro reazioni. Con il risultato che i nostri assessori si lasciano trasportare spesso verso la libera (e nociva) immaginazione. Come accaduto a Ingiulla o a Lavenia.
Ma in tutto questo c’è anche un lato positivo. Consoliamoci. A Biancavilla, anonima cittadina di provincia alle falde dell’Etna, una coraggiosa amministrazione conservatrice è riuscita a realizzare ciò che utopisticamente, in quel Formidabile ’68, un’intera generazione di contestatori, da Berkeley a Parigi, da Praga a San Francisco, aveva semplicemente cantato e sognato. La fantasia al potere.
Vittorio Fiorenza