LA “POLITICA” SOTTO LE POLVERI D’AMIANTO

Sono dieci pagine. Su carta notarile. Una lunga premessa e poi cinque articoli. Sanciscono la ripresa dei lavori per la galleria della metropolitana. Stabiliscono pure di trasportare i materiali di risulta nel vicino sito di monte Calvario (già pattumiera degli inerti inquinati prodotti dalla bonifica delle strade sterrate e dalle opere di urbanizzazione). Seguono due firme. Prima quella del sindaco Mario Cantarella. Poi quella del direttore generale della Ferrovia Circumetnea, Sergio Festa.
Il cantiere era stato chiuso a causa del rilevamento di fibre cancerogene di fluoroedenite e la sua riapertura è possibile adesso grazie alle rassicurazioni dei ricercatori dell’Università di Catania, secondo i quali il livello dei minerali-killer rientrerebbe ora nella norma.
Il nome e il cognome del primo cittadino in calce al protocollo d’intesa tra Comune ed Fce, datato 23 dicembre 2004, ha un duplice significato, di carattere amministrativo e di natura strettamente politica.
Dal punto di vista amministrativo si fa una scelta saggia, di buon senso: consentire alla Fce di completare l’opera (mancano altri 1500 metri da scavare), permettere a Biancavilla di avere la metropolitana senza interruzioni e le possibilità di sviluppo che ne deriveranno, salvare i settanta posti di lavoro degli operai della “Ferrari”, impegnati nel cantiere.
Da un punto di vista politico, la firma di Mario Cantarella rappresenta una giusta condanna, senza appello, nei confronti dell’azione strumentale che, sulla vicenda, molti dei suoi attuali alleati hanno portato avanti quand’erano all’opposizione, contro il sindaco Pietro Manna.
Diversi esponenti istituzionali e politici dell’attuale Centrodestra biancavillese avevano dato vita nel febbraio 2001 ad un comitato (sfacciatamente definito “cittadino”) che, in estrema sintesi, si opponeva a trasportare gli inerti derivanti dalla bonifica delle strade e i materiali di scavo provenienti dalla galleria nel sito di monte Calvario, chiedendo per quest’area l’immediata rinaturalizzazione, senza attendere la fine dei lavori della metropolitana. Dietro a tali richieste -era chiaro, adesso lo è di più- si nascondeva una precisa strategia politica: impedire a Manna di gestire i finanziamenti per bonificare il territorio ed evitare che potesse riuscire a cambiare il volto delle desolanti periferie cittadine. Il comitato si mobilitò, in tal senso, in mille modi, attraverso petizioni, spazi autogestiti in televisione, comizi in piazza Roma, volantinaggi e lettere al prefetto, al ministero, alla Regione. Fu anche ascoltato (e legittimato) da esponenti politici regionali e nazionali, da Giuseppe Castiglione a Fabio Fatuzzo, fino al ministro Altero Matteoli. Non riuscì nell’intento: i fondi, come si sa, arrivarono e si poterono asfaltare le periferie degradate e realizzare fogne e condotte idriche.
L’azione politica del comitato si lega essenzialmente a tre nomi: il preside Luigi Petralia, che ne era (ne è ?) il portavoce, Antonio Portale (attuale presidente del consiglio comunale) e Dino Pennisi (attuale assessore con delega, guarda un po’, alle problematiche di inquinamento ambientale da fluoroedenite). Oltre a loro, il gruppo annoverava anche Alfio Petralia, Alfio Amato, Enzo Meccia, Rosa Bonanno, Alfio Battiato, Antonino Scaccianoce, Placido Conti, Placido Ventura e Giuseppe Milazzo, questi ultimi (allora segretario e consigliere di Rifondazione comunista) allontanatisi dal comitato non appena il partito entrò in giunta (siamo nel maggio del 2002).
La nomenclatura, più di ogni altro elemento, chiarisce come il “comitato” non fosse altro che un blocco politico anti-Manna. A questo va aggiunto che da quando diversi componenti hanno fatto “carriera”, sedendo su qualche poltrona, il portavoce del comitato ha perso la voce ed ha abbandonato quella che, con insopportabile retorica, definiva «battaglia per il bene di Biancavilla e dei nostri figli».
Eppure con la sua firma, Mario Cantarella ha fatto una scelta che in buona sostanza è diametralmente opposta alle istanze del preside Petralia, di Portale e di Pennisi avanzate ai tempi dell’amministrazione Manna. Con il riavvio dei lavori nella metropolitana, il sito di monte Calvario accoglierà migliaia di metri cubi di inerti e la sua bonifica sarà inevitabilmente ritardata. Su una simile decisione e sul percorso amministrativo che ad essa ha portato, il comitato ha però preferito il silenzio.
Di fronte a questa situazione, in un paese normale, ci si attenderebbero due reazioni. Da una parte, un’opposizione di Centrosinistra, ereditiera dell’esperienza Manna, avrebbe dovuto gridare allo scandalo, facendo emergere l’incoerenza di comportamento dei personaggi sopra citati, che non hanno rinunciato neanche alla possibilità di strumentalizzare la “questione amianto”, dietro alla quale ci sono sofferenze e lutti (gli ultimi quattro decessi per mesotelioma si sono avuti appena qualche mese fa).
Dall’altro fronte, sarebbe auspicabile e dignitoso, da parte del preside Petralia, pronunciare delle scuse nei confronti di tutti i biancavillesi oppure, se volesse dimostrare la sua buona fede, prendere le distanze dai suoi compagni di (dis)avventura. Ci si attenderebbe pure, per necessità di coscienza personale e politica, che Pennisi rassegnasse nelle mani del sindaco la delega alle problematiche di inquinamento da fluoroedenite (non avendola onorata). E che Portale andasse in tv (luogo in cui prima era quotidianamente presente, ora non si vede più) per esprimere la sua contrarietà alla scelta di Mario Cantarella, altrimenti la sua sottomissione per squallido (seppur non inedito) opportunismo politico.
Dovrebbe accadere questo. Ma in un paese normale. Qui, invece, siamo a Biancavilla. Nella repubblica autonoma di Biancavilla. In cui tutto è permesso alla classe politica. In cui tutto si può fare e dire, per poi fare e dire l’esatto contrario, senza neanche arrossire un po’. Tanto nessuno mai chiederà conto e ragione. E così avverrà fino a quando il fiato dell’opinione pubblica non si poggerà sul collo degli inquilini del Palazzo. Come accade in tutti i paesi normali.
Vittorio Fiorenza