“SCUSATE IL DISTURBO”, FINALE DI PARTITA

In una delle riunioni catanesi del Centrodestra per le trattative sulle candidature alle Amministrative del 15 e 16 giugno, arrivati a discutere del caso Biancavilla, da parte di alti esponenti del Mpa si sarebbe osservato -secondo i ben informati- che «gli umori della gente sull’operato di Mario Cantarella non sono affatto entusiasmanti». Anzi -più di qualcuno- avrebbe sottolineato realisticamente come vi fosse, in paese, una diffusa delusione rispetto alle aspettative di cambiamento, tale da rendere inopportuna l’ipotesi del Cantarella-bis. Da un’altra parte del tavolo, qualcun altro dall’accento brontese avrebbe risposto invece più o meno così: «Certo, gli umori non sono proprio positivi, ma Mario è stato leale, uno che ha rispettato gli impegni, quindi siamo per la sua ricandidatura». Ecco, in sintesi, l’anomalia di fondo: un sindaco, secondo la concezione di taluni, non è da riproporre all’elettorato perché si è convinti che abbia operato bene e che sia apprezzato dai cittadini. No, questa è teoria. In pratica, viene ripresentato perché ha rispettato i patti (quali?) con il potente in persona. Gli umori della gente? Secondari. In sostanza, più o meno, com’è avvenuto nel Centrosinistra. Nonostante gli oggettivi segnali di buona parte dei biancavillesi orientati favorevolmente a rivedere Pietro Manna (non immune da responsabilità proprie per il destino politico che gli è capitato) nei panni di primo cittadino, si è preferita una proposta apprezzabilissima, ma vista forse come d’apparato, concepita cioè al chiuso di ristrette riunioni, senza neanche passare da pur formali e scontatissime (per esempio com’è avvenuto con Giovanni Burtone a Catania) elezioni primarie. Ragionamenti di buon senso, ricorrenti nei circoli e nei bar, non politici o politologici, ce ne rendiamo conto. Ad ogni modo superati.

La partita è già cominciata. E si gioca a tre: Mario Cantarella, Salvuccio Furnari, Pippo Glorioso. Si vedrà al ballottaggio che ruolo avrà e in che misura, il quarto: l’immancabile Antonio Portale, l’equilibrista sempre pronto a squlibrare il quadro. Alle spalle ci lasciamo cinque anni di aspettative soffocate. Un’esperienza chiusa.

E chiude anche l’esperienza di “Scusate il disturbo”. Il blog termina qui le sue pubblicazioni. Al di là dei numeri più che positivi (oltre 120mila contatti e 2800 vostri commenti in meno di quattro anni), questo sito è stato un luogo in cui ognuno ha potuto apprendere notizie e conoscere fatti che altrimenti sarebbero passati inosservati o sottotono. Anche chi si è innervosito ai giudizi severi, espressi in queste pagine, su questo o quel politico, potrà ammettere, in tutta serenità, che a nessuno è stata negata la parola. Parlare di blog come “strumento contro il sindaco” è inesatto, banale, superficiale. Anche se per il blog (che non è una testata, ma un diario personale) non valgono criteri giornalistici, l’imparzialità è stata garantita: nessuno schieramento, maggioranza o opposizione, ha avuto sconti di critiche. Critiche manifestate non con il misurino: tanto a loro, tanto agli altri. Ma sulla base di episodi o comportamenti politici ben precisi. Liberamente. Senza pensare ai turbamenti che ogni frase o termine potesse suscitare a questo o quell’altro.

“Scusate il disturbo”, a consuntivo, rappresenta una fotografia indiscreta degli inquilini di Palazzo. Una descrizione indignata, ironica e amara, cruda e allegra, di un periodo politico-amministrativo annunciato come quello dei grandi cambiamenti e che, invece, si è rivelato -ci è consentito pensarlo?- come un periodo di consolidamento e, anzi, aggravamento di malcostumi e vizi di una “casta” facilmente irritabile nelle contestazioni che le sono state mosse, ma sorda e indifferente a rimuovere gli aloni che su di essa si sono concentrati.

Il blog ha controinformato, ha denunciato, ha criticato, ha svelato retroscena di inciuci e accordi di Palazzo. Lo ha fatto a duro prezzo. Tutti ricorderete le reazioni, classificabili non nel campo della dialettica politica o della polemica giornalistica, ma ampiamente riconducibile all’ambito degli insulti personali, che settori trasversali del consiglio comunale hanno riservato a chi, come noi, ha puntato il dito sui privilegi e gli abusi di “lor signori”. Per avere espresso delle opinioni sgradite, c’è stato chi, attraverso le querele, ha tentato di avviarci verso la fantasiosa prospettiva di essere sottoposti all’esame dei tribunali, salvo poi ritirare le denunce per esclusiva decisione degli stessi amministratori (Pasquale Lavenia e Andrea Ingiulla, per chi non lo ricordasse) che le avevano presentate. C’è stato chi, poi -questa ve la sveliamo soltanto ora- credendosi infallibile hackers, è riuscito ad entrare, cambiando la password, nel pannello di controllo del blog e nella nostra personale casella di posta elettronica, negandoci l’accesso per diverse ore e lasciando messaggi di insulto ed intimidazione per pura irritazione o reazione ideologica alle cose scritte nel blog. E siccome la violazione di password e l’accesso non consentito alle e-mail sono reati penali, ci siamo rivolti alla polizia postale. Era il 21 maggio del 2006. A distanza di circa un anno, la squadra del dott. Marcello La Bella, tra analisi di tabulati e indagini su Biancavilla, ha individuato il responsabile. L’hackers è un giovanotto (non sveliamo il nome perché la sua posizione è al vaglio della Procura della Repubblica di Catania), le cui incursioni sul web sarebbero state note, prima ancora che le indagini di polizia si concludessero, anche ad esponenti della giunta Cantarella. Dettagli. Fa parte del gioco: si dice così, no?

Dicevamo dei cinque anni trascorsi. Li ricorderemo, secondo certi manifesti e spot elettorali, per l’apertura (senza mobili) di Villa delle Favare, per l’inaugurazione della nuova circonvallazione, per gli eventi culturali legati al maestro Pippo Coco o alla figura di Giuseppe Tamo. Sarà. Ma ci sono pure altri aspetti, appuntati in questi anni da “Scusate il disturbo”. Aspetti che riguardano, per esempio, la condotta politica ed etica dei nostri amministratori. Oppure i mutismi di chi aveva il compito di opporsi, denunciare, “controproporre”.

Non dimentichiamo (anzi rinnoviamo) le osservazioni manifestate in solitaria sui conflitti di interesse, tra pubblico e privato, sulla zona artigianale. Non dimentichiamo la plateale e volgare spartizione su “Bianca… Pizzeggiando” (iniziativa per la quale all’interno della giunta si è consumato, stando alla sentenza di primo grado, il reato di abuso d’ufficio). Non dimentichiamo i 27mila euro sfilati dalle casse comunali per un fantomatico “Festival Drink” (chi pagherà?). Non dimentichiamo la casta consiliare, compatta e ingorda, come non era mai accaduto, su gettoni di presenza, permessi dal lavoro, riunioni fasulle (i carabinieri continuano la loro inchiesta) e ancora privilegi dei capigruppo, missioni per convegni e gemellaggi, in Italia e all’estero. Anche questi aspetti (ne abbiamo citato soltanto alcuni, per nulla secondari) fanno parte della storia quinquennale che ci lasciamo dietro.

Tutta colpa del sindaco? Certo che no. Le persone di cui si è circondato, di sicuro non gli sono state d’aiuto: la nomina di Mister Centocinquantamila (gli euro sborsati ogni anno per il direttore generale Carmelo Cunsolo) si è rivelata politicamente un disastro, insignificante sul piano amministrativo, evitabile su quello burocratico. Le poche persone che potevano collaborare con lui sono state liquidate: il “misterioso” e improvviso allontanamento di Giuseppe La Venia, efficace e puntuale addetto stampa, ha il sapore di un cinico, perverso e ingrato gioco sulle spalle di chi ha dimostrato lealtà e professionalità (qualità rare nella stagione amministrativa che sta per concludersi).

C’è un ultimo aspetto che vorremmo evidenziare. Il più malinconico. Questa parentesi politico-amministrativa si chiude, come le precedenti a “conduzione” Pietro Manna, con un vuoto di idee, passione e impegno per la politica. Non è emersa nessuna nuova figura, a destra o a sinistra, capace di interpretare l’esigenza di svecchiamento e innovazione della classe politica. Ti giri intorno e, ai posti dirigenziali, vedi ultracinquantenni: gli stessi che sedevano in consiglio o nelle giunte comunali dell’irresponsabilità e dell’inefficientismo della Prima Repubblica, mentre a Roma regnavano tizi come Andreotti, Craxi, Forlani e la politica italiana era invasa da sigle diventate archeologia. Non c’è, insomma, una nuova generazione che ambisce a prendere in mano la guida della città. Ma solo una confusa corsa di candidati che aspirano ad entrare nell’aula consiliare, senza sapere magari in quale piano del Palazzo si trovi. In quell’aula che fu di Salvatore Uccellatore e Dino Laudani, di Peppino Pace e Giovanni Rapisarda, ora tentano di sedersi emeriti sconosciuti, sbarbatelli senza meriti, tizi senza storia, che sbucano dal video -perfettamente berlusconizzati, compreso qualche compagno con Falce e Martello- chiedendoti il voto senza vantare due righe di curriculum. Qualcuno di loro, seppur giovane, ingenuo e privo di capacità, al Palazzo ci arriverà, con il pacchetto di voti ben confezionato da papà. Tutti persuasi, forse, nell’era del precariato dilagante, che con un posto lì, qualcosa ci si guadagna. Come se si trattasse di un impiego in un call center o al McDonald’s, in attesa di migliore occupazione. Quasi una profanazione. Sullo sfondo, una Biancavilla che sembra rassegnata e disinteressata alle proprie sorti. Vorremmo tanto sbagliarci. Scusate il disturbo, ma anche questo andava detto.

Vittorio Fiorenza