BIANCAVILLA DECADENTE, LO SA PURE IL QUIRINALE

Perdonateci la metafora vulgaris, ma non troviamo alternative. Biancavilla ha dei politici di “minchia”: dritti dritti quando hanno l’occasione di usufruire di privilegi, flosci flosci nel caso debbano assumersi importanti responsabilità. Ce ne siamo accorti in mille occasioni. Ma nell’ultima riunione di Consiglio Comunale hanno dato la più “aulica” delle dimostrazioni. Non è deludente quanto è stato deliberato: il nulla mischiato col niente. Ciò che fa cascare le braccia è la miscela di demagogia, populismo e ipocrisia che sprizza dalle loro parole, dai loro gesti, dai loro silenzi, dalla mimica facciale, dagli incroci di sguardi. L’argomento, certo, non era di quelli babbi. Si doveva decidere che fare di tutte quelle costruzioni abusive non sanate. All’ordine del giorno, i primi sette casi, ma dall’Ufficio Tecnico Comunale si è fatto sapere che le pratiche pronte ad essere inviate in aula sono circa 300. Bisogna trattare caso per caso, nome per nome. E non sarà difficile imbattersi in vicini di casa, parenti, amici o porta-voti di consiglieri. Una faccenda delicata, non abbiamo dubbi. Ma l’atteggiamento con cui i 20 riscaldatori di poltrona del palazzo comunale si sono posti davanti al problema dimostra platealmente che “lor signori” preferiscono non “toccare” a mani nude le questioni più cocenti. Anche questo è compito loro. Disatteso. Avremmo voluto vedere e sentire i vari Magra, Zammataro, Amato e compagnia bella intervenire sulla questione dell’abusivismo con pari puntualità, foga e passione manifestate in altri momenti, quando per esempio si è discusso per ore e con ammirabile preparazione e trasporto emotivo di aumento dei gettoni di presenza, di introduzione dell’indennità di funzione o delle missioni istituzionali (leggasi giterelle tra amici e parenti a carico comunale). Nessuno ha preso parola per condannare il saccheggio del territorio, che continua. Sotto gli occhi di tutti. Sotto la giunta Cantarella, che doveva segnare l’era del rigore. Nessuno, come accadrebbe in un qualsiasi paese a qualsiasi latitudine dell’emisfero boreale, ha fatto un preambolo per ricordare, per esempio, le illegalità reiterate che a Biancavilla si consumano in materia urbanistica. A sentire (o a non sentire) parlare i consiglieri, sembravamo in un paese svizzero. Ma c’erano la telecamera accesa e l’operatore Agatino Catalano pronto a cogliere ogni gesto. E allora bisognava seguire il copione del “politicamente corretto”, bisognava animare una recita ipocrita, bisognava consumare il solito, inutile ritualismo della convenienza politica che nega ogni dichiarazione o atteggiamento impopolare per evitare che un predicato verbale, un aggettivo, un avverbio o un costrutto copulativo potesse far perdere qualche voto. L’imperativo, nel codice comportamentale del politico, è il solito: mai condannare o prendersela con i cittadini, neanche quando, come in questo caso, hanno torto marcio, hanno commesso reati e abusi (a meno che vogliamo ancora credere alla favoletta della casetta di necessità, anche di fronte a villini e tre piani). Per la cronaca: l’assemblea cittadina, sui punti all’ordine del giorno, non ha deciso praticamente niente, se non l’acquisizione di un parere legale (sarà il milionesimo). Un modo per concedere un “rattidduzzu” a qualche avvocato. Un modo per passare, ancora una volta, la patata bollente e prendere tempo, nonostante gli incartamenti siano nei cassetti del Consiglio da un decennio.

E Mario Cantarella che pensa? Non ci è dato saperlo. Anziché intervenire su questioni di sostanza come questa, anziché prendere atto del dissolvimento della sua maggioranza e della sfracellata giunta, anziché contrastare volontà politiche con strumenti politici (e non nei tribunali amministrativi), anziché firmare le sue dimissioni e porre fine a questa farsa, preferisce fare prulazzo. Con apparizioni, passerelle, interventi e presenze, anche dove è fuori luogo.

No, non ci piacciono questi politici. Non ci piacciono questi politici che spacciano banali interventi di ordinaria mediocrità come opere di grande rilievo. Non ci piacciono questi politici che vanno in tv per comunicare il nulla e fare lo spot di se stessi. Non ci piacciono questi politici che utilizzano soldi pubblici per parlare in televisione di fatti di partito. Non ci piacciono questi politici che fanno annunci, si esprimono per slogan e non indicano risultati raggiunti. Non ci piacciono questi politici che elemosinano apparizioni dal tubo catodico e citazioni giornalistiche. Non ci piacciono questi politici che utilizzano il Palazzo per passerelle pret-à-porter o per intime riunioni di partito. Non ci piacciono questi politici che trasformano i funzionari comunali in spalle per gag propagandistiche. E non ci piacciono neanche i colleghi giornalisti, soprattutto quando sappiamo essere capaci, che si riducono, nonostante i divieti deontologici, a reggi-microfono in spazi politici “autogestiti”, distraendo fatti, notizie, retroscena e misfatti di Palazzo. Siamo al trionfo della non-politica, della “visibbbbilità” a tutti i costi, del ciarlare a vuoto, della inconcludenza, della propaganda a pagamento spacciata per informazione, della convinzione che «tanto la gente non capisce un cazzo». In tre parole: siamo al trionfo della decadenza. Visione apocalittica? Sentite ciò che ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Siamo in un periodo della nostra vita pubblica in cui purtroppo anche la smania dei mezzi di comunicazione (di comparire poi in televisione, figuriamoci) finisce per prevalere sui contenuti. Ma le istituzioni non sono una passerella. E’ un fatto che deve preoccupare e mi preoccupa. Chi è investito di funzioni istituzionali deve affrontare l’impegno con la dignità di chi rappresenta tutti i cittadini». Parole che sembrano tagliate apposta per i nostri dis-amministratori, dal professore Mario Cantarella in giù. Il Quirinale vi osserva.

Vittorio Fiorenza