BENVENUTI NELLA REPUBBLICA DELLE BANANE

Nella Repubblica delle Banane di Biancavilla può accadere di tutto. Può accadere che un assessore si dimetta vestendo i panni di una forza politica e pochi minuti dopo venga rinominato con i colori di un’altra formazione. Può accadere. Ed è accaduto ad Andrea Ingiulla, assessore ai Lavori pubblici e all’Urbanistica. «Una farsa, una pagliacciata», hanno commentato sommessamente non dei sovversivi bolscevichi, ma esponenti della maggioranza di Mario Cantarella. Un caso di trasformismo fulmineo, che non ha precedenti nel mondo occidentale. Fosse avvenuto ai tempi di Pietro Manna, il Centrodestra avrebbe attuato proteste estreme. Antonio Portale avrebbe scalato il campanile della chiesa madre minacciando di buttarsi giù, Vincenzo Randazzo avrebbe attuato lo sciopera della fame e della sete, Pasquale Lavenia si sarebbe tagliato le vene, Dino Pennisi avrebbe occupato l’aula consiliare e Santo Zammataro avrebbe riempito delle flebo con cariche esplosive per farsi saltare in aria. Ma niente di tutto questo, non temete, benvenuti a Banana-city.
La questione, ovviamente, è ben più seria. Il maxi-rimpasto che ha permesso l’ingresso in giunta di Carmelo Cantarella per la federazione “Uniti per Biancavilla” (al posto di Franco Benina, revocato) e di Giuseppe Mursia per Nuova Sicilia (in sostituzione di Alfo Amato) e il reingresso di Ingiulla (ora sostenuto in consiglio solo da Giuseppe Salvà di Modernizzazione e Lavoro), evidenzia essenzialmente tre dati politici, che meritano di essere approfonditi.
Innanzitutto, è sotto gli occhi di tutti l’accanimento con cui Ingiulla ha tentato (riuscendoci) di rimanere incollato al suo posto. Dopo essere stato mollato dal gruppo di Rinascita Democratica, sembra che l’assessore abbia fatto un tour alla ricerca del sostegno. La poltrona vacillante dei Lavori pubblici e dell’Urbanistica si è stabilizzata quando dagli schermi di Tva si sono presentati l’ing. Salvatore Finocchiaro e il geom. Alfredo Greco, che, dichiaratisi coordinatori di “Modernizzazione e Lavoro” e “Rinascita Democratica”, annunciavano un’alleanza a sostegno di Ingiulla. In virtù di quali punti programmatici e di quali motivazioni politiche non è dato saperlo. Fatto sta che il sindaco ha accettato, nonostante la sconfessione dell’intesa da parte del capogruppo di Rd, Vincenzo Papotto, e di dodici rappresentanti di MeL, firmatari di un documento al veleno. A dare l’ok all’accordo, anche Giuseppe Salvà, unico consigliere di MeL, che ha sganciato il prof. Alfio Petralia, la cui possibilità di nomina assessoriale si è rivelata impraticabile. Da qui, la trovata della dimissione-nomina di Ingiulla, che tante difficoltà ha creato persino ai cronisti, impreparati a spiegare l’inedito evento alle redazioni dei quotidiani.
L’altro dato che emerge è che il vero vincitore di questo importante passaggio politico è uno solo: Antonio Portale. Odiato o amato, apprezzato o detestato, il leader di Nuova Sicilia a Biancavilla è riuscito, in barba a Forza Italia, Mpa e An, a riconfermare la propria posizione di forza e di predominanza, dimostrando ancora una volta una notevole abilità. Ultimo arrivato nella coalizione, Portale rimane alla presidenza del Consiglio Comunale e continua a controllare un assessorato, nonostante da tempo diversi settori della maggioranza auspicavano una sua “sfoltita” perché considerato sovradimensionato di cariche. Così non è successo: sbarazzatosi di Alfio Amato (divenuto “incontrollabile”), il presidente dell’assemblea cittadina ha piazzato il giovane Giuseppe Mursia, un nome -va anche detto- “non impegnativo” (come, al contrario, poteva essere quello del coordinatore locale Enzo Meccia), che fa ipotizzare la volontà di Portale a mantenersi con le mani più sciolte rispetto ai vincoli di coalizione. Un po’ come aveva fatto con la nomina di Alfredo La Delfa, la cui esperienza durò appena tre mesi e finì con l’allontanamento definitivo del movimento di Portale dal Centrosinistra.
Il terzo ed ultimo dato politico da evidenziare riguarda il sindaco Mario Cantarella. Il primo cittadino, per arrivare ad una soluzione (ancora tutta da verificare) dello stato di crisi della sua maggioranza, ha attuato un rimpasto che dimostra debolezza e cedimento della sua persona nei confronti dei “ribelli” e soprattutto di Nuova Sicilia. Da tempo vari gruppi di maggioranza chiedevano un turnover di giunta o un ingresso, ma il sindaco si è sempre negato. E’ bastato, invece, che la formazione autonomista presentasse un ultimatum, minacciando le ire di Portale e boicottaggi nella gestione consiliare, perché il sindaco crollasse d’un colpo. Chi si aspettava, dunque, pugno duro e decisionismo è rimasto deluso. Ci si chiede, a questo punto, a cosa sia servita un’attesa così lunga, che ha sconquassato la solidità che inizialmente c’era tra le forze di governo, quando poi questo giro di boa per la maggioranza si è consumato nel modo più degradante. Un rimpasto ben peggiore di qualsiasi peggiore rimpasto svolto nelle passate esperienze del Centrosinistra. Ci si chiede se serva a rilanciare una coalizione o semplicemente a garantire un minimo di sopravvivenza. Le perplessità sono tante. E l’immagine data da Mario Cantarella in questa fase non è per nulla ottimale. Un’immagine non solo lontana dal candidato “no-compromise” del 1994, ma radicalmente diversa dall’esponente missino degli anni ’80. L’aureola dell’intransigenza sembra essersi dissolta. In tanti sentono la mancanza del Cantarella dal forte rigore morale e dallo spirito inquieto che denunciava malaffare, malcostumi, abusi e comitati d’affare. I tempi, certo, sono cambiati, ma è sempre valido l’auspicio di vigilare per contrastare il riemergere di un eventuale scenario, politicamente inquietante, che rianimi scheletri ed ombre di un passato buio e drammatico per la storia politica di questo nostro paese.
Vittorio Fiorenza

SINDACO, FACCIA QUALCOSA DI DESTRA

Partiamo dai fatti. Il Centrodestra di Biancavilla si trova impantanato in una crisi profonda. L’assetto, cristallizzato dal giorno dopo il ballottaggio, non può reggere ancora più di tanto. I malumori interni alla coalizione sono oramai palpabili anche dagli osservatori politici più distratti e dai cittadini che al Palazzo non ci vanno neanche per un certificato. Le pressioni arrivano da tutte le parti perché si proceda ad un rimpasto. Oltre un terzo della giunta risulta scollegata dalle forze presenti in consiglio comunale. Una squadra (ma lo è mai stata?) che non rappresenta più la geografia politica uscita dalle urne nel 2003. La spinta propulsiva sull’azione amministrativa ne risente fortemente in negativo. La popolarità di Mario Cantarella è inesorabilmente in picchiata.
Passiamo alle considerazioni. La crisi dello schieramento di governo (scoccata lo scorso luglio con la bocciatura della proposta dei 60 alloggi di edilizia sociale) difficilmente, a questo punto, potrà essere risolta in maniera indolore. La coalizione di Cantarella potrà certamente assestarsi su nuovi equilibri, ma oramai sembra impossibile ritrovare quel clima solidale post-elettorale ed è assai probabile pensare che le faide interne si moltiplicheranno da qui alla scadenza della consiliatura.
Va rilevato, intanto, che i movimenti politici, le indiscrezioni di stampa, le comunicazioni ufficiali di queste ultime settimane ricalcano vecchi metodi, prassi antiche che riportano a quel mercato spicciolo, consolidato nell’era Manna. Persino le motivazioni e le modalità con cui si chiede il cambio di assessori non differiscono da quelle utilizzate ai tempi del Centrosinistra. E oggi come ieri, gli assessori “scomunicati”, anziché prendere atto della mancanza di un sostegno politico, ringraziando e togliendo il disturbo, non fanno altro che incollare le chiappe su una poltrona conquistata non con il superamento di un concorso, ma per la concessione di un privilegio.
Non si comprende quindi in virtù di quale forza politica stia operando Franco Benina (scaricato prima da Gaetano Paternò e poi da Alfio Furnari), Alfio Amato (stesso destino -come Salvatore Mazzone, Salvatore Portale e Alfredo La Delfa- di chiunque sia stato “toccato” da Antonio Portale) e Andrea Ingiulla, al quale non fa onore la raccolta di firme di suoi compari, cognati e cugini e di gente che nulla aveva a che fare con la sua lista e che ora a nome di Rinascita democratica gli esprime sostegno, nel tentativo di salvarlo dalla richiesta di Vincenzo Papotto, che lo vuole sostituire con Carmelo Cantarella, noto maestro di pugilato.
Non può reggere la favoletta secondo cui gli assessori sono lì per una nomina decisa personalmente dal sindaco. Fosse stato per Cantarella, nessuno dei sette si troverebbe a ricoprire quell’incarico. E non serve a nulla vantare il record della giunta più longeva della Sicilia quando la percezione del cittadino medio è quella di un’inconsistenza della classe dirigente e di un panorama desolante fatto di non-politica.
Nelle sue comunicazioni istituzionali, Mario Cantarella, ha parlato ultimamente della “fase 2” della sua amministrazione, quella dei «grandi investimenti». Forse però questa “fase 2” dovrebbe essere improntata sull’umiltà, su una forte autocritica ed il riconoscimento di fallimenti oggettivi, ascoltando certe osservazioni derivanti dalle opposizioni e dalla stampa, senza liquidarle -come spesso fa Cantarella- come banali strumentalizzazioni avversarie.
Bisogna prendere atto, per esempio, al di là degli inevitabili rimpasti, che questa amministrazione non è e non sarà l’erede di quelle esperienze guidate da Salvatore Uccellatore e Dino Laudani, a cui in più occasioni sia il sindaco che il suo vice, Salvuccio Furnari, hanno fatto riferimento. Evitiamo di scomodare la storia e cerchiamo di non insudiciarla con la “politica” provincialotta dell’assessoricchio da non mollare o da ottenere a tutti i costi cui stiamo assistendo da diversi mesi, ennesima smentita di quel cambiamento pervicacemente promesso.
Lo “spettacolo” che ci sta offrendo questo Centrodestra è penoso. E se da una parte c’è chi, come Forza Italia, vuole ritardare il rimpasto e aggroviglia di più la matassa chiedendo il terzo assessore (una voce delle ultime ore), dall’altra c’è chi ancora mostra al sindaco il conto dell’appoggio elettorale. Come il prof. Alfio Petralia, indicato da “Modernizzazione e Lavoro” come assessore, che in un breve commento lasciato sul blog di Vincenzo Ventura, è più che esplicito: «A mio modo di vedere -scrive Petralia- è il sindaco che crea ribelli con lunghe aspettative, essendo troppo attendista e poco coerente nel rispettare gli impegni politici assunti».
Sostiene spesso Cantarella di avere dato la parola d’onore ai suoi alleati, assicurando, prima del ballottaggio, ben precisi equilibri di maggioranza. Al sindaco però sfugge un dettaglio. La parola data ha un senso mantenerla con persone che riconoscono nell’onore un valore da applicare alla politica e uno stile di vita. Ma quando ci troviamo di fronte elementi che venderebbero il proprio onore e la propria dignità per 70 euro in più di gettone di presenza, allora l’atteggiamento del sindaco non ha alcun senso. Ecco perché il sindaco farebbe bene, in questo frangente, a fare qualcosa di “destra”: pugno duro, soluzioni drastiche, uno scossone forte alla sua amministrazione e alla sua maggioranza.
Non può atteggiarsi da “camicia nera” con i cronisti “indisciplinati” e con i volontari “irrispettosi” della protezione civile per poi applicare metodi “democristiani” (nel senso degradante del termine) nei rapporti quotidiani con i suoi alleati. Faccia il “fascista” (senza avere l’imbarazzo di essere accusato di incoerenza rispetto alla sciacquatura con l’acqua di Fiuggi) e attui una terapia d’urto: imprimerebbe una spinta alla sua azione di governo, eliminerebbe certe frattaglie d’intralcio, avrebbe gli apprezzamenti della gente (quando Manna era accusato “imperatore di Biancavilla” per i suoi metodi drastici si trovava, non a caso, al culmine della sua popolarità) e riaccenderebbe la fiamma del popolo della Destra, tanto deluso. Proceda ad un rimpasto radicale della sua giunta e si circondi di persone valide e di fiducia, senza subire diktat e “minacce” politiche, infischiandosene di una maggioranza a 14 a tutti i costi.
No, non ci saranno mozioni di sfiducia, tutti vogliono restare attaccati il più possibile alla poltrona del consiglio comunale e dall’opposizione non arriveranno ringhiate ma semplici pigolii. Semmai ci potrebbe essere qualche clown che comincerà a fare il solito show d’oppositore in Aula e in tv. Ma è un rischio che va affrontato, anche perché è il meno traumatico. Fuori dal Palazzo, tra sussurri e formule cautelanti del tipo “qui lo dico e qui lo nego”, praticamente tutti gli alleati del primo cittadino promettono e assicurano che, al di là di ciò che accadrà alle Regionali o alle Politiche, non ci sarà un secondo mandato per Mario Cantarella. E non ci sarà un Nello Musumeci che lo sponsorizzerà. E neanche un Nino D’Asero. Figurarsi un Raffaele Lombardo e i calaciuriani.
Il sindaco, forse, farà bene quindi a non pensare (per quanto doloroso) alla riconferma, ma a porsi il semplice obiettivo di un’uscita di scena nel modo più dignitoso possibile. Ha altri due anni di tempo: sono sufficienti perché si possa preparare ad un addio a testa alta. Partendo da una condizione: togliere le bretelle e mettere la cintura ai pantaloni.
Vittorio Fiorenza