DAL WEB ALLE EDICOLE DI BIANCAVILLA

Il blog diventa… book

Raccolti in un volume tutti gli interventi che hanno “turbato” il Palazzo

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Vittorio Fiorenza

SCUSATE IL DISTURBO

Edizioni EtnaPress

146 pagine 

Dimensioni: 140 x 200 x 10 mm

Prezzo: 11 euro   SOLO 5 euro

SPEDIZIONE GRATIS PER ACQUISTI ONLINE

Scheda descrittiva

Mario Cantarella, da sindaco uscente e ricandidato, ha perso le elezioni già al primo turno. Ma ha esultato per la successiva vittoria di Pippo Glorioso. E la sua coalizione partecipa alla nuova amministrazione, attraverso un’alleanza che non ha precedenti nella storia di Biancavilla. Per comprendere come questo sia stato possibile, come avversari storici di destra e di sinistra si siano uniti nello stesso schieramento, occorre “rileggere” il quinquennio che ha preceduto il ballottaggio tra Salvuccio Furnari e Pippo Glorioso e la formazione della nuova giunta.  “Scusate il disturbo”, il primo blog su Biancavilla, che ha suscitato uno straordinario interesse e un animato dibattito, con interventi dirompenti, pubblicati online tra il 2004 e il 2008 ed ora raccolti in queste pagine, offre una valida possibilità di analisi. Non un racconto storico né una cronaca distaccata, ma uno spietato svelamento di fatti e personaggi di Palazzo, che ci fa vedere i nostri politici oltre la cortina dell’ufficialità, da un punto di osservazione privilegiato, obbligandoci a valutarli e a rivalutarli, a riflettere e ad interrogarci. Ne viene fuori una descrizione indignata, ironica e amara, cruda e allegra, di un periodo annunciato come quello dei grandi cambiamenti e che, invece, si è rivelato come un periodo di consolidamento di malcostumi, vizi e incapacità di un’intera classe politica. Al centro di questo quadro a tinte scure, spicca la figura di Mario Cantarella con la sua aureola di politico di rigore, “diverso” dagli altri, che piano piano si è dissolta, fino a mostrarlo politico “uguale” agli altri, capace, in una sola notte, di liquidare la propria tradizione ideologica e la propria storia personale per uno di quei giochetti di potere che, da missino dalla barba lunga, aveva aspramente avversato.

Con un intervento inedito: “L’era della giunta Fiamma e Martello”

Il volume può essere acquistato online,

attraverso paypal, con carta di credito o ricaricabile

 Servizio giornalistico di “Tva Notize”

 di Elisa Petrillo
 riprese di Agatino Catalano
montaggio di Giovanni Stissi
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foto di Carmelo Ciletta

 

“SCUSATE IL DISTURBO”, FINALE DI PARTITA

In una delle riunioni catanesi del Centrodestra per le trattative sulle candidature alle Amministrative del 15 e 16 giugno, arrivati a discutere del caso Biancavilla, da parte di alti esponenti del Mpa si sarebbe osservato -secondo i ben informati- che «gli umori della gente sull’operato di Mario Cantarella non sono affatto entusiasmanti». Anzi -più di qualcuno- avrebbe sottolineato realisticamente come vi fosse, in paese, una diffusa delusione rispetto alle aspettative di cambiamento, tale da rendere inopportuna l’ipotesi del Cantarella-bis. Da un’altra parte del tavolo, qualcun altro dall’accento brontese avrebbe risposto invece più o meno così: «Certo, gli umori non sono proprio positivi, ma Mario è stato leale, uno che ha rispettato gli impegni, quindi siamo per la sua ricandidatura». Ecco, in sintesi, l’anomalia di fondo: un sindaco, secondo la concezione di taluni, non è da riproporre all’elettorato perché si è convinti che abbia operato bene e che sia apprezzato dai cittadini. No, questa è teoria. In pratica, viene ripresentato perché ha rispettato i patti (quali?) con il potente in persona. Gli umori della gente? Secondari. In sostanza, più o meno, com’è avvenuto nel Centrosinistra. Nonostante gli oggettivi segnali di buona parte dei biancavillesi orientati favorevolmente a rivedere Pietro Manna (non immune da responsabilità proprie per il destino politico che gli è capitato) nei panni di primo cittadino, si è preferita una proposta apprezzabilissima, ma vista forse come d’apparato, concepita cioè al chiuso di ristrette riunioni, senza neanche passare da pur formali e scontatissime (per esempio com’è avvenuto con Giovanni Burtone a Catania) elezioni primarie. Ragionamenti di buon senso, ricorrenti nei circoli e nei bar, non politici o politologici, ce ne rendiamo conto. Ad ogni modo superati.

La partita è già cominciata. E si gioca a tre: Mario Cantarella, Salvuccio Furnari, Pippo Glorioso. Si vedrà al ballottaggio che ruolo avrà e in che misura, il quarto: l’immancabile Antonio Portale, l’equilibrista sempre pronto a squlibrare il quadro. Alle spalle ci lasciamo cinque anni di aspettative soffocate. Un’esperienza chiusa.

E chiude anche l’esperienza di “Scusate il disturbo”. Il blog termina qui le sue pubblicazioni. Al di là dei numeri più che positivi (oltre 120mila contatti e 2800 vostri commenti in meno di quattro anni), questo sito è stato un luogo in cui ognuno ha potuto apprendere notizie e conoscere fatti che altrimenti sarebbero passati inosservati o sottotono. Anche chi si è innervosito ai giudizi severi, espressi in queste pagine, su questo o quel politico, potrà ammettere, in tutta serenità, che a nessuno è stata negata la parola. Parlare di blog come “strumento contro il sindaco” è inesatto, banale, superficiale. Anche se per il blog (che non è una testata, ma un diario personale) non valgono criteri giornalistici, l’imparzialità è stata garantita: nessuno schieramento, maggioranza o opposizione, ha avuto sconti di critiche. Critiche manifestate non con il misurino: tanto a loro, tanto agli altri. Ma sulla base di episodi o comportamenti politici ben precisi. Liberamente. Senza pensare ai turbamenti che ogni frase o termine potesse suscitare a questo o quell’altro.

“Scusate il disturbo”, a consuntivo, rappresenta una fotografia indiscreta degli inquilini di Palazzo. Una descrizione indignata, ironica e amara, cruda e allegra, di un periodo politico-amministrativo annunciato come quello dei grandi cambiamenti e che, invece, si è rivelato -ci è consentito pensarlo?- come un periodo di consolidamento e, anzi, aggravamento di malcostumi e vizi di una “casta” facilmente irritabile nelle contestazioni che le sono state mosse, ma sorda e indifferente a rimuovere gli aloni che su di essa si sono concentrati.

Il blog ha controinformato, ha denunciato, ha criticato, ha svelato retroscena di inciuci e accordi di Palazzo. Lo ha fatto a duro prezzo. Tutti ricorderete le reazioni, classificabili non nel campo della dialettica politica o della polemica giornalistica, ma ampiamente riconducibile all’ambito degli insulti personali, che settori trasversali del consiglio comunale hanno riservato a chi, come noi, ha puntato il dito sui privilegi e gli abusi di “lor signori”. Per avere espresso delle opinioni sgradite, c’è stato chi, attraverso le querele, ha tentato di avviarci verso la fantasiosa prospettiva di essere sottoposti all’esame dei tribunali, salvo poi ritirare le denunce per esclusiva decisione degli stessi amministratori (Pasquale Lavenia e Andrea Ingiulla, per chi non lo ricordasse) che le avevano presentate. C’è stato chi, poi -questa ve la sveliamo soltanto ora- credendosi infallibile hackers, è riuscito ad entrare, cambiando la password, nel pannello di controllo del blog e nella nostra personale casella di posta elettronica, negandoci l’accesso per diverse ore e lasciando messaggi di insulto ed intimidazione per pura irritazione o reazione ideologica alle cose scritte nel blog. E siccome la violazione di password e l’accesso non consentito alle e-mail sono reati penali, ci siamo rivolti alla polizia postale. Era il 21 maggio del 2006. A distanza di circa un anno, la squadra del dott. Marcello La Bella, tra analisi di tabulati e indagini su Biancavilla, ha individuato il responsabile. L’hackers è un giovanotto (non sveliamo il nome perché la sua posizione è al vaglio della Procura della Repubblica di Catania), le cui incursioni sul web sarebbero state note, prima ancora che le indagini di polizia si concludessero, anche ad esponenti della giunta Cantarella. Dettagli. Fa parte del gioco: si dice così, no?

Dicevamo dei cinque anni trascorsi. Li ricorderemo, secondo certi manifesti e spot elettorali, per l’apertura (senza mobili) di Villa delle Favare, per l’inaugurazione della nuova circonvallazione, per gli eventi culturali legati al maestro Pippo Coco o alla figura di Giuseppe Tamo. Sarà. Ma ci sono pure altri aspetti, appuntati in questi anni da “Scusate il disturbo”. Aspetti che riguardano, per esempio, la condotta politica ed etica dei nostri amministratori. Oppure i mutismi di chi aveva il compito di opporsi, denunciare, “controproporre”.

Non dimentichiamo (anzi rinnoviamo) le osservazioni manifestate in solitaria sui conflitti di interesse, tra pubblico e privato, sulla zona artigianale. Non dimentichiamo la plateale e volgare spartizione su “Bianca… Pizzeggiando” (iniziativa per la quale all’interno della giunta si è consumato, stando alla sentenza di primo grado, il reato di abuso d’ufficio). Non dimentichiamo i 27mila euro sfilati dalle casse comunali per un fantomatico “Festival Drink” (chi pagherà?). Non dimentichiamo la casta consiliare, compatta e ingorda, come non era mai accaduto, su gettoni di presenza, permessi dal lavoro, riunioni fasulle (i carabinieri continuano la loro inchiesta) e ancora privilegi dei capigruppo, missioni per convegni e gemellaggi, in Italia e all’estero. Anche questi aspetti (ne abbiamo citato soltanto alcuni, per nulla secondari) fanno parte della storia quinquennale che ci lasciamo dietro.

Tutta colpa del sindaco? Certo che no. Le persone di cui si è circondato, di sicuro non gli sono state d’aiuto: la nomina di Mister Centocinquantamila (gli euro sborsati ogni anno per il direttore generale Carmelo Cunsolo) si è rivelata politicamente un disastro, insignificante sul piano amministrativo, evitabile su quello burocratico. Le poche persone che potevano collaborare con lui sono state liquidate: il “misterioso” e improvviso allontanamento di Giuseppe La Venia, efficace e puntuale addetto stampa, ha il sapore di un cinico, perverso e ingrato gioco sulle spalle di chi ha dimostrato lealtà e professionalità (qualità rare nella stagione amministrativa che sta per concludersi).

C’è un ultimo aspetto che vorremmo evidenziare. Il più malinconico. Questa parentesi politico-amministrativa si chiude, come le precedenti a “conduzione” Pietro Manna, con un vuoto di idee, passione e impegno per la politica. Non è emersa nessuna nuova figura, a destra o a sinistra, capace di interpretare l’esigenza di svecchiamento e innovazione della classe politica. Ti giri intorno e, ai posti dirigenziali, vedi ultracinquantenni: gli stessi che sedevano in consiglio o nelle giunte comunali dell’irresponsabilità e dell’inefficientismo della Prima Repubblica, mentre a Roma regnavano tizi come Andreotti, Craxi, Forlani e la politica italiana era invasa da sigle diventate archeologia. Non c’è, insomma, una nuova generazione che ambisce a prendere in mano la guida della città. Ma solo una confusa corsa di candidati che aspirano ad entrare nell’aula consiliare, senza sapere magari in quale piano del Palazzo si trovi. In quell’aula che fu di Salvatore Uccellatore e Dino Laudani, di Peppino Pace e Giovanni Rapisarda, ora tentano di sedersi emeriti sconosciuti, sbarbatelli senza meriti, tizi senza storia, che sbucano dal video -perfettamente berlusconizzati, compreso qualche compagno con Falce e Martello- chiedendoti il voto senza vantare due righe di curriculum. Qualcuno di loro, seppur giovane, ingenuo e privo di capacità, al Palazzo ci arriverà, con il pacchetto di voti ben confezionato da papà. Tutti persuasi, forse, nell’era del precariato dilagante, che con un posto lì, qualcosa ci si guadagna. Come se si trattasse di un impiego in un call center o al McDonald’s, in attesa di migliore occupazione. Quasi una profanazione. Sullo sfondo, una Biancavilla che sembra rassegnata e disinteressata alle proprie sorti. Vorremmo tanto sbagliarci. Scusate il disturbo, ma anche questo andava detto.

Vittorio Fiorenza

EXIT, CANTARELLA VERSO LA VIA D’USCITA

Stai comodamente seduto sulla poltrona, davanti alla tv. Fai zapping. Ti soffermi su La7, incuriosito da Ilaria D’Amico e dalla sua trasmissione, Exit. Ci sono Sonia Alfano, Totò Cuffaro, Franco Giordano… Parte il filmato, raro esempio di giornalismo di inchiesta: ecco come a Catania, nei quartieri popolari, si è mossa la macchina elettorale di Raffaele Lombardo. Si mostrano patronati trasformati in segreterie di propaganda politica, si parla di schede telefoniche regalate, si fa vedere la distribuzione di buste con la spesa. E poi le promesse di lavoro. Si fa riferimento ad un «comune vicino Catania», nel quale il sindaco raccoglie curriculum. Cavolo: ma è Biancavilla! Le immagini sono oscurate, ma si riconosce la facciata del municipio, l’ingresso, le bacheche. La reporter di Exit si rivolge all’usciere: «Mi hanno detto che qua bisogna consegnare i curriculum, è possibile?». Il dipendente si mostra gentilissimo: «La porto nell’ufficio, prego». Primo piano, ufficio inconfondibile, dipendente riconoscibile, per chi è di Biancavilla. Anche qui la giornalista chiede per i curriculum. «Dovete andare dal sindaco direttamente, non da me. E’ una cosa personale del sindaco», chiarisce l’impiegato. «Allora è vera questa cosa?», domanda ancora. E il dipendente: «Sì».

In un qualsiasi palazzo comunale, alle domande poste, risponderebbero nell’unico modo possibile: «Qui non siamo all’ufficio di collocamento, ha sbagliato strada». Invece, il comportamento tenuto dai dipendenti e le loro risposte, sembrano evidenziare una prassi consolidata. E cioè che al Comune di Biancavilla, nella stanza del sindaco, si raccolgono curriculum di persone speranzose di trovare un posto di lavoro o essere sistemate. Di per sé la cosa è grave, gravissima. Ma è vera? Falsa? Sono mille gli interrogativi suscitati da quanto mostrato da La7. Chi può e deve dare delle spiegazioni è uno solo: si chiama Cantarella Mario e fa il sindaco di Biancavilla. Ecco, dunque, che alziamo la cornetta e lo chiamiamo. Sentite anche voi.

-Buongiorno sindaco, sono Fiorenza, le posso rubare un minuto?

-Ah, buongiorno, come sta?

-Bene, grazie. Chiamo a proposito della trasmissione de La7, nella quale lei viene chiamato in causa. Sa, il presidente Portale mi ha annunciato che le invierà una lettera nella quale chiede chiarimenti. Io volevo sentire anche lei, insomma…

-Guardi, vorrei essere chiaro.

-Prego, la ascolto.

-Il presidente Portale può inviare tutte le lettere che vuole, lei può scrivere ciò che vuole, io non intendo rilasciare dichiarazioni, anche perché queste sono state sempre stravolte.

-Stravolte? Ma da chi? Come?

-Da “ La Sicilia ” e dal suo corrispondente

Ci risiamo, la solita tiritera: la sindrome del perseguitato. La sindrome di chi si sente vittima dei giornalisti. Sì, come Fiorenza: fazioso, di parte, comunistaccio, anzi amico di Salvuccio Furnari e Nicola Tomasello. Né più né meno la stessa sindrome, che un tempo, colpiva i vari Manna, Pastanella o Giuffrida, ritenendo di essere vittime dei soliti giornalisti. Sì, come Fiorenza: fazioso, di parte, fascistaccio, anzi amico di Vincenzo Randazzo e Pasquale Lavenia. Ci siamo abituati, nessun dramma: la collezione di etichette comprensive di tutte le forze dell’arco costituzionale ci fa sentire sereni. Ma cerchiamo di capire.

-Sindaco, cosa dice? Di che parla? A cosa si riferisce?

-Guardi, ho il diritto di non rilasciare dichiarazioni? Tutelerò la mia immagine nelle sedi opportune.

-Ma lei mi chiama in causa, io ho il diritto di avere delle spiegazioni?

-No! Le cerchi nel suo comportamento.

-Ho la coscienza a posto.

-Allora bene

-Scusi, io le sto parlando de La7. Ha presente il programma? Lei di che sta parlando?

-Ascolti, per quest’utlimo mese che mi rimane, non mi chiami più, mi lasci in pace. La saluto, buon lavoro.

Tutututu tutututu tutututu

Non c’è dubbio. Il sindaco ha sbagliato programma. Noi parlavamo di Exit con Ilaria D’Amico. Dalla telefonata, Cantarella sembrava convinto di essere a “Le Invasioni Barbariche”. Eppure ci siamo presentati: Vittorio Fiorenza. Mica Daria Bignardi. Con tutto il rispetto.

Battute a parte. Pensavamo di avere detto tutto. Proprio tutto. Ritenevamo che l’esperienza di “Scusate il disturbo” si fosse naturalmente esaurita. Invece eccoci qua. Consentiteci una deroga alla promessa di chiudere il blog con l’avvicinarsi della campagna elettorale. Quanto accaduto non è cosa da poco. A parti invertite, per esempio Pietro Manna sindaco e il Centrodestra all’opposizione, come minimo sarebbe successo il cataclisma. Se poi andiamo indietro nel tempo, in un caso del genere, il “missino” Cantarella avrebbe prodotto quintali di esposti alla magistratura, chiedendo magari l’intervento della Commissione Antimafia. Nell’era Cantarella in versione Pdl, il primo cittadino, che dopo cinque anni non ha abbandonato il desiderio di ridurre l’informazione a paginate Pubblikompass, si permette ciò che non gli sarebbe permesso in un paese normale. Cioè non rispondere ai giornalisti su questioni sulle quali ogni cittadino ha diritto di avere delle spiegazioni. Cantarella se ne esce con la classica, inutile battuta delle “sedi opportune”. No, questo è uno dei casi in cui non ha «il diritto di non rilasciare dichiarazioni» ed è uno dei casi in cui sono doverosi i comunicati stampa (cosa diversa dalle note propagandistiche sulle sciocchezze più disparate che i cronisti ricevono dal Comune). Non comprende, il sindaco, che il problema non è la sua immagine (i biancavillesi se ne fregano), ma l’eventuale suo comportamento. La Procura della Repubblica di Catania ha aperto un’inchiesta sull’intero reportage de La7, ma in attesa che le “sedi opportune” facciano il loro lavoro (senza le sollecitazioni del “nostro” sindaco), i biancavillesi hanno diritto di avere subito, immediatamente delle risposte. Per esempio attraverso i giornali o le tv locali, scioccamente liquidati, invece, dal sindaco. Il signor Cantarella, anziché lamentarsi banalmente della non trasmissione della sua intervista, pur realizzata da Exit, dovrebbe spiegare ai suoi cittadini, ancora prima che venga chiamato nelle “sedi opportune”, questa storia dei curriculum. Anche perché è una storiella che da mesi circola in paese. Si favoleggia da tempo, più precisamente, di possibilità di posti di lavoro in un call center, di sedi pronte ad aprire a Biancavilla, dell’interessamento di qualche nome ruggente della politica italiana.

Ci si chiede: in nome e per conto di chi il sindaco, eventualmente, raccoglierebbe curriculum? Quali promesse, eventualmente, ci sarebbero dietro? E’ normale che la stanza del sindaco si trasformi, eventualmente, in ufficio di collocamento, a pochi mesi dalle elezioni? Ci auguriamo che Cantarella risponda celermente e dimostri, eventualmente, la sua estraneità a tutto ciò. In tal caso una querela per diffamazione a Exit ci starebbe. Ma com’è possibile che La7, mentre fa un’inchiesta a Catania, sia informata di ciò che avverrebbe a Biancavilla? Anche Ilaria D’Amico ce l’ha con Cantarella? I biancavillesi chiedono chiarimenti urgenti. Ci piacerebbe che anche i vari prof, dott, avv, ing che compongono (?) il comitato “pro-Cantarella sindaco” si concedessero una pausa terrena dai loro impegni spirituali, tra sagrestie, incontri neocatecumenali e Opus Dei, per unirsi a questa richiesta. Un manifesto. Basterebbe un manifesto con due righe scritte. Lo faranno? O aspettano prima il nulla-osta del sindaco?

Vittorio Fiorenza

APPUNTI SPARSI (DA RIORDINARE) DI FINE ANNO

Breve riassunto delle puntate precedenti. Nuova Sicilia, cioè Antonio Portale, si “stabilizza” (mettete tutte le virgolette che volete) all’opposizione. L’Udc esce dalla coalizione di governo: da inserire negli annali il botta e risposta tra Fabio Mancuso e Mario Cantarella. Poi lo Scudocrociato si spacca: una parte, cioè l’accoppiata Papotto-Scalisi “srl”, resasi “indipendente” rientra dalla finestra, l’altra, cioè Alfio Furnari etc, pensa già alle elezioni in chiave “Bye bye Cantarella”. An sconfessa il “suo” sindaco con pubblico manifesto. Poi si spacca: una parte, cioè Carmelo Cantarella, si dichiara indipendente, l’altra, cioè Vincenzo Giardina, si quieta. Entra in giunta la Destra per antonomasia, cioè Gianmarco Rapisarda, nomina ricca di significati storici e simboli, invece passata inosservata. Qualche consigliere di minoranza sta con un piedi qui, con l’altro là, a seconda delle condizioni meteo.

Neanche il tempo di annunciare la ritrovata (presunta) maggioranza, il sindaco si ritrova sul tavolo le dimissioni (stra-annunciate) di Pasquale Lavenia. L’Mpa si spacca: una parte, cioè Ciccio Nicolosi, segue fedelmente l’ex assessore che si riscopre (chi l’avrebbe mai detto?) anti-Cantarella; l’altra, cioè i “calaciuriani” (o i “salvucciani”?) riflettono, riflettono, riflettono… Il loro segretario regionale, Lino Leanza, è smentito dai fatti: «Nessuna divergenza o divisione al nostro interno. Stiamo riflettendo su quale atteggiamento assumere nei confronti dell’amministrazione comunale. Qualunque scelta verrà presa, saremo comunque compatti», aveva dichiarato a “La Sicilia”, qualche settimana prima della decisione di Lavenia, suo referente a Biancavilla.

Smentito pure il presidente del Circolo territoriale di Alleanza Nazionale, Giovanni Bonanno, che dopo l’uscita di Pasquale aveva minimizzato, da Video Star: «Incompatibilità personale, nessun problema politico. L’Mpa e il presidente Lombardo apprezzano l’operato del sindaco Cantarella». Ventiquattr’ore dopo, dagli stessi schermi televisivi, l’ormai ex assessore Mpa aziona la doccia fredda: «Nessun contrasto personale, ma solo divergenze politiche. Apprezzamenti? Macchè, Lombardo neanche lo conosce a Mario Cantarella».

Con questi divorzi e colpi di scena da “Centovetrine” della politica, con questi valzer di consiglieri, con questo via vai di assessori (tutti episodi rievocati tanto per rinfrescare la memoria), si chiude un anno politico che sembra sintetizzarne dieci. E si spegne un’esperienza su cui abbiamo scritto, riscritto e detto parecchio (quasi sempre in maniera solitaria). Se ne prepara un’altra. Con scarse e nebulose premesse, da qualsiasi parte uno si giri.

Ogni polemica, ogni dichiarazione, ogni presa di posizione non vanno considerate, d’ora in poi, per quello che manifestano, ma vanno lette in chiave elettorale, ovvero alla luce delle previsioni dei possibili movimenti sul rinnovo di giunta e consiglio comunali previsto per primavera. In questa fase avanzata uno si aspetta tavoli programmatici, incontri, convegni. Dal Centrodestra (o da quel che rimane) ci si attenderebbe una dichiarazione pubblica, chiara e inequivocabile, sulla ricandidatura di Mario Cantarella o eventualmente l’indicazione di un altro nome. Nel Centrosinistra o nello schieramento pseudotale ci saremmo aspettati già da tempo una certa vivacità di intenti e battaglie con un leader definito, da contrapporre alla proposta della coalizione avversaria.

Invece tutto tace (ad esclusione dei “trattati” e delle “intese” che quotidianamente vengono siglati al bar Scandura). Tutto è fermo. Nessuno si espone, nessuno parla, nessuno avanza la prima mossa. Comprendiamo la prudenza e le difficoltà.

Nel Centrosinistra, gli strateghi stanno ancora studiando per capire chi sono gli alleati e chi gli avversari. Vi sembra scontato? Niente affatto. La parola d’ordine, ormai, da Roma fino alla periferia dell’Impero, è una sola: dialogo. Dialogo a tutto campo. Una parolina magica monotonamente pronunciata (fino a suonar minaccia per i “piccolini” della coalizione) da quando il Partito (?) Democratico (???) è stato dato alla luce nella rassicurante veste veltroniana (fa freddo ma anche caldo, tifo Roma ma anche Lazio). Anche dalle nostre parti, dalle pagine di questo blog, anticipando le aperture di Walter, l’ancora segretario dei Ds, Salvatore Pastanella, rispondendo alle nostre sollecitazioni sul possibile scenario elettorale futuro di Biancavilla, non ha posto limiti. Parlare a destra e a manca, pur di mettere un punto sulla stagione politica di Mario Cantarella. “A braccia aperte” è il titolo sintetizzante dell’intervista, acutamente storpiato in “A cosce aperte” da un attento osservatore, ritenendo di riassumere meglio il senso del messaggio politico. Disquisizioni filologiche a parte, dal Centrosinistra aspettiamo concretezza e coerenza. Coerenza significa, per esempio, tenere conto della storia e del curriculum politico di esponenti che ora si tenta di corteggiare o da cui si accettano carezze e bacetti pur di vincere, dimenticando magari che gli esponenti in questione, per anni, hanno bombardato il Centrosinistra. Altro ritornello ricorrente, utilizzato dal Pd, quasi a giustificare probabili, possibili o desiderate strane alleanze, è che «siamo un partito che nasce non su basi ideologiche ma programmatiche». Come se l’ideologia (struttura di valori ed ideali) sia un male e l’unica stella polare debba essere il programma. Semmai, osserviamo noi, il dramma della politica è la mancanza di idee e la perdita di identità. E così, anche a Biancavilla, il Pastanella di turno non disdegna il dialogo con nessuno (ma proprio nessuno, eccetto l’attuale sindaco) e, d’altro canto, i vari Portale e Lavenia non pongono veti di nessun tipo per future alleanze. E va bene che non ci sono più gli steccati ideologici, ma è troppo pretendere un po’ di linearità intellettuale?

Sul fronte del Centrodestra, Mario Cantarella sembra avere analoghe difficoltà: capire chi sono gli interlocutori. Non sarà facile, con questa foschia politica. Se nel 2003, il Prof. era stato sostenuto dall’intera struttura della Casa delle Libertà (Forza Italia, Udc, Alleanza Nazionale) e battezzato da signori come Firrarello e Castiglione, Lombardo e Mancuso, Leanza e Musumeci, adesso le cose sono cambiate. Di parecchio. E persino sulle questioni di consiglio comunale, per trattare tentativi di approvazione di ordinarie proposte, il sindaco non ha più davanti a sé rappresentanti politici, ma singole entità: due colleghi titolari di uno studio commerciale, un titolare di uno studio ingegneristico, un produttore di malte e intonaci e, a tratti, un medico specializzato in emorroidi. Tranquilli: Biancavilla è in buone mani.

Vittorio Fiorenza

BIANCAVILLA DECADENTE, LO SA PURE IL QUIRINALE

Perdonateci la metafora vulgaris, ma non troviamo alternative. Biancavilla ha dei politici di “minchia”: dritti dritti quando hanno l’occasione di usufruire di privilegi, flosci flosci nel caso debbano assumersi importanti responsabilità. Ce ne siamo accorti in mille occasioni. Ma nell’ultima riunione di Consiglio Comunale hanno dato la più “aulica” delle dimostrazioni. Non è deludente quanto è stato deliberato: il nulla mischiato col niente. Ciò che fa cascare le braccia è la miscela di demagogia, populismo e ipocrisia che sprizza dalle loro parole, dai loro gesti, dai loro silenzi, dalla mimica facciale, dagli incroci di sguardi. L’argomento, certo, non era di quelli babbi. Si doveva decidere che fare di tutte quelle costruzioni abusive non sanate. All’ordine del giorno, i primi sette casi, ma dall’Ufficio Tecnico Comunale si è fatto sapere che le pratiche pronte ad essere inviate in aula sono circa 300. Bisogna trattare caso per caso, nome per nome. E non sarà difficile imbattersi in vicini di casa, parenti, amici o porta-voti di consiglieri. Una faccenda delicata, non abbiamo dubbi. Ma l’atteggiamento con cui i 20 riscaldatori di poltrona del palazzo comunale si sono posti davanti al problema dimostra platealmente che “lor signori” preferiscono non “toccare” a mani nude le questioni più cocenti. Anche questo è compito loro. Disatteso. Avremmo voluto vedere e sentire i vari Magra, Zammataro, Amato e compagnia bella intervenire sulla questione dell’abusivismo con pari puntualità, foga e passione manifestate in altri momenti, quando per esempio si è discusso per ore e con ammirabile preparazione e trasporto emotivo di aumento dei gettoni di presenza, di introduzione dell’indennità di funzione o delle missioni istituzionali (leggasi giterelle tra amici e parenti a carico comunale). Nessuno ha preso parola per condannare il saccheggio del territorio, che continua. Sotto gli occhi di tutti. Sotto la giunta Cantarella, che doveva segnare l’era del rigore. Nessuno, come accadrebbe in un qualsiasi paese a qualsiasi latitudine dell’emisfero boreale, ha fatto un preambolo per ricordare, per esempio, le illegalità reiterate che a Biancavilla si consumano in materia urbanistica. A sentire (o a non sentire) parlare i consiglieri, sembravamo in un paese svizzero. Ma c’erano la telecamera accesa e l’operatore Agatino Catalano pronto a cogliere ogni gesto. E allora bisognava seguire il copione del “politicamente corretto”, bisognava animare una recita ipocrita, bisognava consumare il solito, inutile ritualismo della convenienza politica che nega ogni dichiarazione o atteggiamento impopolare per evitare che un predicato verbale, un aggettivo, un avverbio o un costrutto copulativo potesse far perdere qualche voto. L’imperativo, nel codice comportamentale del politico, è il solito: mai condannare o prendersela con i cittadini, neanche quando, come in questo caso, hanno torto marcio, hanno commesso reati e abusi (a meno che vogliamo ancora credere alla favoletta della casetta di necessità, anche di fronte a villini e tre piani). Per la cronaca: l’assemblea cittadina, sui punti all’ordine del giorno, non ha deciso praticamente niente, se non l’acquisizione di un parere legale (sarà il milionesimo). Un modo per concedere un “rattidduzzu” a qualche avvocato. Un modo per passare, ancora una volta, la patata bollente e prendere tempo, nonostante gli incartamenti siano nei cassetti del Consiglio da un decennio.

E Mario Cantarella che pensa? Non ci è dato saperlo. Anziché intervenire su questioni di sostanza come questa, anziché prendere atto del dissolvimento della sua maggioranza e della sfracellata giunta, anziché contrastare volontà politiche con strumenti politici (e non nei tribunali amministrativi), anziché firmare le sue dimissioni e porre fine a questa farsa, preferisce fare prulazzo. Con apparizioni, passerelle, interventi e presenze, anche dove è fuori luogo.

No, non ci piacciono questi politici. Non ci piacciono questi politici che spacciano banali interventi di ordinaria mediocrità come opere di grande rilievo. Non ci piacciono questi politici che vanno in tv per comunicare il nulla e fare lo spot di se stessi. Non ci piacciono questi politici che utilizzano soldi pubblici per parlare in televisione di fatti di partito. Non ci piacciono questi politici che fanno annunci, si esprimono per slogan e non indicano risultati raggiunti. Non ci piacciono questi politici che elemosinano apparizioni dal tubo catodico e citazioni giornalistiche. Non ci piacciono questi politici che utilizzano il Palazzo per passerelle pret-à-porter o per intime riunioni di partito. Non ci piacciono questi politici che trasformano i funzionari comunali in spalle per gag propagandistiche. E non ci piacciono neanche i colleghi giornalisti, soprattutto quando sappiamo essere capaci, che si riducono, nonostante i divieti deontologici, a reggi-microfono in spazi politici “autogestiti”, distraendo fatti, notizie, retroscena e misfatti di Palazzo. Siamo al trionfo della non-politica, della “visibbbbilità” a tutti i costi, del ciarlare a vuoto, della inconcludenza, della propaganda a pagamento spacciata per informazione, della convinzione che «tanto la gente non capisce un cazzo». In tre parole: siamo al trionfo della decadenza. Visione apocalittica? Sentite ciò che ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Siamo in un periodo della nostra vita pubblica in cui purtroppo anche la smania dei mezzi di comunicazione (di comparire poi in televisione, figuriamoci) finisce per prevalere sui contenuti. Ma le istituzioni non sono una passerella. E’ un fatto che deve preoccupare e mi preoccupa. Chi è investito di funzioni istituzionali deve affrontare l’impegno con la dignità di chi rappresenta tutti i cittadini». Parole che sembrano tagliate apposta per i nostri dis-amministratori, dal professore Mario Cantarella in giù. Il Quirinale vi osserva.

Vittorio Fiorenza

ULTIMORA: IL SINDACO CANTARELLA SI E’ DIMESSO

Clamoroso: il sindaco Mario Cantarella si è dimesso. La notizia è trapelata pochi minuti fa dall’ufficio di gabinetto. La decisione del primo cittadino è una diretta conseguenza della recente bocciatura del bilancio (la seconda, dopo quella dello scorso anno), ma è una scelta meditata da tempo, dettata dalla constatazione del fallimento del suo progetto politico, basato sul cambiamento. Un cambiamento mai arrivato, se non nel senso deteriore del termine. A quanto pare, l’ormai ex sindaco rinuncerà anche a qualsiasi impegno politico per la prossima fase elettorale e si ritirerà a vita privata.

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Posate pure la bottiglia di spumante. Ricomponetevi e calmatevi. E’ una notizia di fantasia. E’ certamente la notizia che, in casi del genere, ci si attenderebbe in un qualsiasi paese normale. Ma, essendo a Biancavilla, vale l’esatto contrario. Vi siete acquietati? Ok, andiamo avanti.

Sappiamo già che quei pochi “pompieri da emergenze politiche” rimasti fedeli al sindaco, cercheranno di buttare acqua sulle fiamme che divampano nel Centrodestra, premurandosi a precisare, dopo la bocciatura del bilancio, che la stessa cosa è accaduta ad Adrano e in tante altre realtà siciliane. Tenteranno di minimizzare. Legittimo. Ma inutile. Da parte nostra vorremmo essere buoni, una volta tanto: ci sono momenti della vita amministrativa nei quali soffiare sulle polemiche sarebbe banale, fin troppo facile, pesino ingiusto perché significherebbe infierire su un corpo inanimato. E’ uno di questi momenti per Biancavilla. Lo dimostra chiaramente, la posizione rinunciataria del sindaco e dell’intera giunta nella seduta lampo del consiglio comunale che in 80 minuti, a meno di un anno dalle elezioni, ha affossato il documento economico-finanziario. Il primo cittadino ha rinunciato a relazionare sull’atto amministrativo e politico per eccellenza: nessun discorso, nessun appello. Neanche una parola dall’assessore al Bilancio, Alfio Furnari, tanto meno da quello ai Rapporti con il Consiglio Comunale, Alfio Petralia. «Tanto verrà bocciato…». Cantarella non ha neanche rilasciato dichiarazioni alla stampa. Come se in questi casi possa permettersi il lusso di non dare conto e ragione. La giunta sembra ormai un moribondo politico che attende soltanto di esalare l’ultimo respiro. Parlare di difficoltà politiche, di spaccature, di crisi, di verifiche appare inutile. Così come inutile è ricordare che in questi casi si attenderebbero dimissioni, “discorsi alla Nazione”, autocritiche. Ma non accadrà nulla. A nessuno, tra assessori, consiglieri, esponenti di partito, è rimasto un minimo di entusiasmo a fare, ad impegnarsi, a progettare. Si vive alla giornata. Siamo alla fine. Alla fine di un’esperienza caricata inizialmente dalla retorica del cambiamento, dell’imminente svolta, della scrittura di una nuova pagina della storia di Biancavilla. Ci avevano promesso il boom, stiamo assistendo allo sboom. Se in quel giugno del 2003, mentre i vincitori del ballottaggio festeggiavano, qualcuno avesse ipotizzato che nonostante una maggioranza di 14 consiglieri, la giunta e la sua coalizione avrebbero accumulato una serie di fallimenti, compresa la bocciatura di due bilanci consecutivi nell’arco di 12 mesi, come minimo sarebbe stato rinchiuso in un manicomio. Invece, vediamo tutti con delusione e rassegnazione cosa sta succedendo.

Colpa esclusiva di Mario Cantarella? In più occasioni abbiamo fatto riferimento ad una classe dirigente inesistente, quindi ad una classe politica incapace e inadeguata, dunque ad una comunità, quella biancavillese, che ha rinunciato alla partecipazione democratica e al controllo sul Palazzo. Una rinuncia tale da permettere il “saccheggio” delle istituzioni, senza tante sorprese. Il sindaco, però, ha certamente la sua buona dose di responsabilità: chiuso nella sua stanza, non ha favorito in alcun modo il dialogo tra giunta e maggioranza, tra la sua figura e i suoi alleati. Ma c’è di più, in quest’ultimo passaggio. Cantarella è rimasto orfano del suo stesso partito. E’ questo il dato politico di rilievo, il più sorprendente. Nel destino a cui è andato incontro il bilancio, passano in secondo piano le astensioni determinanti del Movimento per l’Autonomia o le discutibili posizioni degli altri partiti. A generare questa situazione, con la presentazione, fuori dagli accordi di maggioranza, dell’emendamento blocca-mutuo per due scuolabus, quando si sapeva benissimo che avrebbe determinato lo sconquasso, è stata Alleanza Nazionale. La motivazione? Il capogruppo Carmelo Cantarella (che sarebbe prossimo alla dichiarazione di indipendenza) l’ha affidata esplicitamente al quotidiano “La Sicilia”: «Sul bilancio, non siamo stati coinvolti dal sindaco e non abbiamo partecipato alla stesura. Abbiamo avanzato proposte e suggerimenti, ma il primo cittadino non ci ha ascoltato perché è succube di Fi e Mpa. An non ha avuto voce in capitolo. C’è ormai una frattura tra sindaco e il nostro gruppo». Più chiaro di così…

E ora come la si mette? C’è un problema interno ad Alleanza Nazionale e poi vanno discussi i rapporti del sindaco col suo partito, certamente. Ma la questione più viva riguarda lo stato del Centrodestra (ammesso che ancora esista una coalizione) e le condizioni operative )a dir poco precarie) del primo cittadino. Forse la soluzione più dignitosa sarebbe una. Cantarella potrebbe andare in tv e fare un discorso che, più o meno, suoni così: «Miei cari concittadini, dopo le elezioni ero animato da tanta buona volontà. Volevo sinceramente e concretamente cambiare il paese, imprimere una svolta storica, dopo anni di amministrazione ordinaria. Devo constatare, però, che non ci sono riuscito. Sono stato circondato da collaboratori e sostenitori che non hanno avuto alcun interesse a concretizzare il mio, il nostro progetto. Il cambiamento, o è un’idea condivisa da tutti, o rimane pura astrazione, impossibile da realizzare. E’ un aspetto che non ho tenuto in considerazione. Mi assumo ogni responsabilità. Per questo, affido il mio destino alla volontà di voi elettori, nella speranza che la gente sana di questo paese esca allo scoperto e si impegni. Per Biancavilla».

Un discorso di questo tipo, non vittimistico ma dettato dall’orgoglio, riserverebbe a Cantarella l’onore dell’impegno animato da buone intenzioni. Altrimenti, ogni biancavillese rimarrebbe fermo, a ragione, ad una sola, amara constatazione. L’uomo del cambiamento, a Biancavilla, deve ancora arrivare. E forse, non è neanche nato.

Vittorio Fiorenza

QUELLA PIZZA AI BAFFI PORCINI ANDATA DI TRAVERSO

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Che dietro all’organizzazione di “Bianca… Pizzeggiando”, la manifestazione dei pizzaioli svoltasi nel 2004 a piazza Roma, ci fosse qualcosa di anomalo, lo avevano capito subito anche le basole in pietra lavica. “Stranezze”, se non altro, di carattere strettamente politico, oltre a quello linguistico – si intende – con quel pessimo utilizzo del gerundio, geniale anti-esempio di tecnica pubblicitaria. Ora, però, stando alla sentenza di primo grado emessa, a conclusione del rito abbreviato, dal gup Luigi Barone, sono stati accertati anche reati penali. Per abuso in atti d’ufficio è stato condannato a sei mesi di carcere (pena sospesa) l’ex assessore Alfio Amato, che istruì la delibera di giunta per l’assegnazione dell’organizzazione all’associazione “Metropolis” di Biancavilla e per la contemporanea erogazione di 34.500 euro (non proprio briciole). Secondo il giudice, la responsabilità di Amato è duplice. Da una parte, la sua partecipazione alla votazione della delibera, quando non avrebbe dovuto perché il presidente dell’associazione era (sorpresa?) un suo cugino, seppur acquisito e di quarto grado. Dall’altra, l’avere stanziato una somma a copertura totale dei costi della kermesse, quando il regolamento comunale prevede solo un contributo del 50%, determinando dunque un ingiusto vantaggio patrimoniale all’associazione presieduta dal parente. Questioni “tecniche” che sono valse una sentenza di condanna, contro la quale comunque il legale dell’ex assessore proporrà appello.

A noi, come è noto, ci interessano altre questioni. Quelle politiche ed etico-politiche. Aspetti, cioè, sui quali la giunta Cantarella e la maggioranza che la sostiene hanno collezionato in questi anni una serie infinita di scivoloni, tali da avere sbriciolato la pur minima autorevolezza morale nella gestione della cosa pubblica e nella condotta politica.

Cominciamo col precisare che Amato non è un pericoloso criminale. In Italia (e in Sicilia) ci sono “signori” della politica che per fatti ben più gravi sono a spasso e siedono tranquillamente su comode poltrone. Ci auguriamo che la sentenza d’appello possa ribaltare quella di primo grado. Ma anche in questo caso, come in quello dei “furbetti del gettone”, è valida una condanna politica (che prescinde degli esiti giudiziari) sui comportamenti tenuti da ben precisi personaggi.

Chi ha la curiosità di visionare le carte che riguardano “Bianca… Pizzeggiando”, noterà una serie di nomi di persone, coinvolte a vario titolo nell’organizzazione, che sembra richiamare le liste elettorali collegate al candidato sindaco Antonio Portale o comunque i supporter per la sua campagna elettorale 2003. Per carità, nessuna sorpresa. Era fin troppo chiaro fin dall’inizio a tutti. L’unico a non avere capito in tempo è stato Mario Cantarella. Forse per i troppi impegni, forse perché insaziabile degustatore di pizze, forse perché troppo euforico all’idea (poi non concretizzatasi) di un collegamento da Biancavilla con “La Vita in diretta” di Michele Cucuzza, il nostro sindaco acconsentì a quella proposta di Amato (cioè di Portale) senza tanto interrogarsi. Eppure di interrogativi preventivi da porgere ce ne sarebbero stati a decine. Se il sindaco avesse fatto qualche domanda, avrebbe saputo per esempio non soltanto che l’associazione era presieduta da un parente dell’assessore, ma che la stessa era stata costituita ad hoc pochi giorni prima senza vantare quindi alcuna esperienza organizzativa precedente. Avrebbe capito per esempio che il regista politico dell’iniziativa non poteva non essere che quel Portale, abile conoscitore di organizzazione di eventi e spettacoli. Avrebbe dedotto per esempio che la manifestazione sarebbe stata monopolizzata dalla presenza (così com’è effettivamente avvenuto) di ex candidati, sostenitori e simpatizzanti dell’allora forza dei “Movimenti Democratici”, tutte figure rimodellatesi per l’occasione in aiutanti, factotum, presentatori, vigilantes per “Bianca… Pizzeggiando”. Le prediche di Portale, quand’era oppositore, su amici e parenti coinvolti o scelti in iniziative amministrative, per quella volta hanno avuto una deroga.

Ma erano tutti elementi (per quanto rivelatisi ininfluenti sul piano giudiziario) più che sufficienti se non altro per dubitare sull’opportunità politica di dare l’ok alla proposta di iniziativa. Invece il sindaco si è tappato il naso e ha tirato dritto. Fino alla riunione di giunta nella quale si è consumato il reato di abuso d’ufficio, per una ingenuità di Amato che di certo non poteva essere tenuta in considerazione dal giudice. Né dai Democratici di sinistra, i quali, ricordandosi del loro ruolo di oppositori, non poterono fare altro che presentare un esposto alla Procura della Repubblica innescando quell’iter giudiziario conclusosi ora con la recente sentenza di condanna. Sulla quale – è bene far notare – dal Palazzo è arrivato un fragoroso silenzio. Ma come? Dalla «residenza municipale» ti comunicano ogni pensiero sul mondo di Sua Maestà il Sindaco con la stessa cura che gli urologi hanno di annotare la frequenza degli svuotamenti di vescica, e ora che ci sarebbe da organizzare una mega-conferenza stampa, non accade nulla? «Le sentenze non si commentano». Infatti, ma vogliamo commentare i fatti politici che ci stanno dietro? E’ possibile che i massimi rappresentanti istituzionali non prendano nessuna posizione o non esprimano semplicemente la loro opinione? I fatti per cui Amato (ex delfino di Portale) è stato condannato non si sono verificati a casa sua, ma all’interno della giunta, di fronte al sindaco Cantarella, a fianco agli altri assessori. E come non tenere conto che una condanna penale di questa portata ad un amministratore di Biancavilla non capitava da quei drammatici eventi giudiziari di inizio anni ’90 ? La giunta Cantarella e il Centrodestra se ne possono “vantare”. E invece, sindaco e presidente stanno zitti, come se un fatto del genere sia normale. Neanche l’eleganza di esprimere solidarietà ad Amato o di augurargli di ottenere una sentenza assolutoria in Appello. Nulla, neanche questo. Forse perché non ci sono nastri da tagliare, telecamere per le quali posare, palcoscenici su cui esibirsi? Ma è inutile porsi altri interrogativi. Meglio farsi una pizza. Che ne pensate di una funghi porcini? Ovviamente con mozzarella di bufala. …Chissà perché: scrivi bufala e ti viene in mente “Festival Drink”. Ma quello, lo riserviamo per una prossima portata. Pardon, puntata.

Vittorio Fiorenza 

LA BENEMERITA E I «FURBETTI DEL GETTONE»

E’ da mesi che i politicanti nostrani non ci regalano spunti significativi su cui aggrappare le nostre riflessioni. A ravvivare le giornate di questo giugno dalle attese/pretese di Bilancio, ci ha pensato, però, la Benemerita. Si, lo sapete già. Gli uomini del capitano Giuseppe Carubia hanno fatto gli scalini del palazzo comunale, sono saliti al secondo piano, fino all’Ufficio di Presidenza, acquisendo i registri originali delle quattro commissioni consiliari. Quella storiaccia dei “furbetti del gettone” è al vaglio dei militari per capire se ci sono stati abusi, irregolarità, reati, danni contabili. Sotto esame, i verbali dei quattro organismi dal 2003 ad oggi, atti di convocazione, mandati di pagamento per i consiglieri. Non sappiamo cosa le indagini faranno emergere. Può essere una bolla di sapone. E francamente non facciamo riferimento alla cultura del tentennio di manette. Gli aspetti giudiziari, almeno in questa fase, ci affascinano poco.
Ribadiamo, invece, il nostro martellante interesse sull’aspetto etico-politico. Su questo fronte, riteniamo di non dovere attendere avvisi di garanzia, interrogatori, processi o sentenze. Il giudizio lo si è gia dato. Ed è valido oggi ancora più di ieri. E’ un giudizio di condanna. Senza possibilità di appello. Una condanna politica trasversale (ma ampiamente motivata, dunque non qualunquista) per un uso distorto delle commissioni, un abuso nelle convocazioni, per un’ingordigia di gettoni di presenza, per un’abbuffata di permessi (retribuiti) dal lavoro. Nel periodo 2003-2006 le spese per i gettoni si sono triplicate fino a raggiungere quota 250mila euro. Basta questo dato per rendersi conto che qualche anomalia c’è.
Dopo l’azione dei carabinieri, i consiglieri (soprattutto coloro che hanno detenuto il ruolo di presidente dei quattro organismi) hanno fatto uno sforzo per far finta di nulla. Ma, diciamolo pure, sembrano confusi, perplessi, impensieriti. Non perdono, però, il vizietto idiota, tipico dei non-politici, di puntare il dito contro i cronisti, quei cronisti (a cominciare da noi) che a più riprese hanno reso quanto più trasparente possibile ciò che succedeva tra le quattro mura delle stanze al secondo piano del Palazzo. La nostra colpa? Non una frase, un termine o un’osservazione. Ma l’avere scritto e riscritto. L’avere denunciato pubblicamente. L’avere pubblicato, come accade in tutti i paesi normali, l’ammontare dei gettoni ricevuti dai nostri consiglieri. Chi scrive non ha creato un’immagine pessima dei politici. Quella se la sono scattata da soli. Noi ci siamo limitati a riportarla, com’era nostro diritto-dovere. Un modo di fare che è ovvio, scontato, naturale, da manuale base di tecnica giornalistica. Ma non per i politicanti della Repubblica di Biancavilla, non abituati al fiato dell’opinione pubblica, che ignorano un semplice dato: il palazzo comunale non è un’abitazione privata. Tutto ciò che accade al suo interno, va riferito fuori. Ogni amministratore, per qualsiasi cosa faccia, dalla fotocopia all’utilizzo della carta igienica, deve dare conto ad ognuno dei 22mila abitanti di questa ridente cittadina etnea: è elementare. E invece, ci ritroviamo tizi che non hanno rispettato le istituzioni, semplicemente perché non ne conoscono il valore. Tizi che hanno confuso la loro sacrosanta sovranità a discutere e riunirsi con i limiti imposti dalla decenza e dalla civiltà politica. Pretendere che ammettano pubblicamente qualche loro leggerezza, è troppo. Ma, almeno, tacciano e lo ammettano a se stessi, magari al chiuso della loro toilette.
Delle responsabilità della Sinistra e dell’intera minoranza sulla gestione spensierata delle commissioni, ne abbiamo parlato. Le loro disattenzioni, le loro complicità politiche, il loro silenzio, l’assenza di battaglie pubbliche, la mancata pretesa di una condotta politica moralmente ineccepibile sono atti di accusa che rinnoviamo con vigore. Incorniciate queste considerazioni, va aggiunto, sottolineato, evidenziato, segnalato con tanto di lampeggiante e sirena che lo sbranamento delle commissioni si consuma in un’assemblea cittadina targata “Casa delle Libertà”. I colori politici predominanti sul velo sudicio delle responsabilità sono quelli del Centrodestra. Gli annali politici non potranno non registrare che il blitz dei carabinieri sia avvenuto sotto la presidenza di Antonio Portale e nell’era del sindaco Mario Cantarella. Due politici che, a parole, hanno sbraitato sull’intransigenza delle regole istituzionali (il primo) e sull’applicazione di un rigore etico alla politica (il secondo). I fatti li smentiscono.
Il primo cittadino si è premurato a dichiarare che «siamo sereni, assolutamente tranquilli, abbiamo fiducia nelle forze dell’ordine». Ma dove sta la notizia? Si è mai visto un sindaco esprimere la non fiducia alle forze dell’ordine? Meglio evitarli i comunicati che non comunicano nulla. Il presidente coi baffi ha tenuto a precisare al Giornale di Sicilia che sulla questione delle commissioni, lui ha fatto 40 interventi di richiamo. Il che equivale a dire che almeno per 39 volte è rimasto inascoltato, dunque le sue lettere si sono rivelate inefficaci. Perché in questi anni, allora, non si è rivolto a chi di competenza? Anzi, visto che ci siamo, diciamola tutta. C’è una grande curiosità nel Palazzo, una sorta di toto-tacchino di “stecchiniana” memoria per capire chi sia stato a far scoccare la scintilla dell’operazione dei carabinieri. Ma la vera assurdità in questa pessima vicenda di inizio estate sarebbe la scoperta che l’autore del presunto esposto arrivato alla magistratura catanese non sia né Cantarella né Portale, coloro i quali cioè hanno visto, hanno saputo e, data la «visita non di cortesia» dei militari al municipio, non sono stati in grado di onorare il loro dovere istituzionale di arginare in tempo il balletto delle commissioni. Una condanna politica che prescinde dall’esito delle indagini. A meno che si dovesse scoprire che l’input all’azione dei carabinieri sia partito da una comunicazione, per quanto sofferta, dei vertici comunali. In tal caso, saremmo ben lieti di rimangiarci ogni critica.
Vittorio Fiorenza
di Antonello Piraneo 

LAVENIA, INGIULLA E IL BLOG: QUESTIONI CHIUSE

Ne abbiamo parlato a più riprese, in più occasioni. Con il nostro stile (tagliente) e i toni (polemici) tipici di “Scusate il disturbo”. Vi abbiamo dato, certi del nostro comportamento in assoluta buona fede, ogni aggiornamento. Lo facciamo anche ora che tutto si è concluso. Le azioni legali aperte a suo tempo nei confronti del curatore di questo blog sono state chiuse. Le querele per presunta diffamazione presentate da Pasquale Lavenia e Andrea Ingiulla sono state rimesse. Due vicende distinte, che in tempi diversi, recentemente, hanno trovato la stessa soluzione. Nessuna condizione particolare è stata posta dalle parti. Sono bastati degli incontri chiarificatori e una stretta di mano, civilmente, nel rispetto della diversità di posizioni, vedute, modi di intendere la politica. E la concordanza su due punti: il rispetto della dignità delle persone (sempre presente nell’intento -almeno quello volontario- di questo blog) e il diritto di espressione e di critica, il cui esercizio, per quanto ci riguarda, rimane assolutamente irrinunciabile.

(VF) 

QUALCUNO ERA COMUNISTA (E L’ALTRO FASCISTA)

Più che un rilancio, un papocchio in salsa biancavillese. Scusate, ma che altra definizione trovare? Siamo seri. Dimenticate per un momento le vostre convinzioni politiche e le simpatie personali, riflettete un minuto. Ci era stato detto che l’azzeramento sarebbe servito a chiudere polemiche e diatribe e a resettare gli equilibri tra gli alleati. Ci era stato promesso che l’operazione sarebbe servita a motivare la coalizione. Ci era stato assicurato che sarebbe stata ricostituita una giunta di rigore e di alto profilo, proiettata alle prossime Amministrative. E invece?
Invece, tutto si è risolto in un banalissimo gioco di poltrone e rimescolamento di nomi, utile a far saltare qualche ingombro, che poco o niente ha a che fare con una visione in prospettiva, tanto meno con il programma amministrativo. Potevano dirlo prima. Soprattutto Forza Italia, che da mesi chiedeva il terzo assessore o la vicesindacatura o la presidenza del Consiglio o la vicepresidenza o deleghe più corpose o il direttore artistico o incarichi professionali. Un grande botto per una fioca scintilla. Tempo perso. Spettacolo circense. Squallido teatrino di provincia. Peggio dei peggiori “film” proiettati dal Centrosinistra.
E poi… Già, come non parlarne? Il Fatto. Il Grande Fatto. Il ripescaggio di Alfio Petralia. Il compagno Petralia. In una Biancavilla lontana anni luce dalla partecipazione democratica, in una Biancavilla indifferente e apatica, può capitare (ed è capitato) che un’operazione come la nomina di un ex comunista ad assessore di un sindaco post-fascista (nomina che ha tutti gli elementi per essere definita “storica”) passi sotto un sorprendente silenzio. Un assordante silenzio, che la dice lunga sul grado di interesse dei biancavillesi alla vita pubblica. Nessun esponente della “classe dirigente”, nessun intellettuale o libero pensatore ha aperto bocca. In tv, il primo cittadino, non a caso, ha avuto modo di commentare che la gente non ne vuole sapere di tutti questi discorsi politici: la verifica, il rimpasto, le polemiche, i botta-e-risposta. E lo ha detto con tono consolatorio. Una consolazione per una realtà di mutismo menefreghista che, invece, dovrebbe essere motivo di preoccupazione per tutti. Una comunità che non giudica e non si occupa dei comportamenti dei propri rappresentanti politici non dimostra un grande senso democratico! E, come volevasi dimostrare, ecco il silenzio sulla nomina di Petralia, già sindaco comunista, già consigliere e assessore comunista, già segretario del Pds, già segretario dei Ds, già avversario storico di Mario Cantarella. Già, già, già.
Sia ben inteso, il prof. Petralia merita tutto il rispetto personale e politico di questo mondo, se non altro perché, a differenza della quasi totalità dei suoi colleghi, ha una storia politica, un percorso politico, un’esperienza politica, qualità non rintracciabili nei politici allo sbaraglio di nuova generazione. Ma la polemica sulla sua storia personale che fa scintille con quella del sindaco ci deve essere consentita. Per capire come uno rosso che più rosso non si può si trovi a fianco ad un sindaco tradizional-clerical- processionaro che più tradizional-clerical- processionaro non si può.
I due proff sanno che un’operazione del genere, in tempi non lontani, avrebbe provocato ben altre reazioni: calci in culo a Petralia dai compagni, legnate a Cantarella dai camerati. E’ ovvio che non siamo nostalgici di quei tempi e non auspichiamo punizioni corporali ai due estremi che si sono ora incontrati («…dove Nietzsche e Marx si davano la mano», cantava Venditti). Ma un minimo di spiegazione, la diano. Magari evitando di appellarsi a quelle stronzate che in casi analoghi si balbettano: non ci sono più gli steccati ideologici, il Muro di Berlino è stato abbattuto, la Guerra Fredda è finita, Destra e Sinistra sono concetti superati, l’11 Settembre, Bin Laden, Saddam e così sia. La solita litania che quei poveri illusi e idealisti della politica che ancora ascoltano vinili graffiati di Guccini e Pietrangeli e cassette semi-smagnetizzate di Lolli e degli Inti Illimani, si devono sorbire ogni volta che pretendono un minimo di senso etico.
E’ naturale che nel corso della vita si possano cambiare posizioni e convinzioni, anche così radicalmente. Lo sappiamo, non siamo così squadrati. Ma questo comporta un tormentato e lentissimo processo di rivalutazione interiore, simile a quella di un cristiano che si converte al buddismo. A differenza del rivolgimento del credo religioso, che è una scelta intima, la messa in discussione delle convinzioni politiche e ideologiche, per chi fa attività istituzionale, impone però un outing graduale, non dall’oggi al domani. L’ultima, significativa uscita pubblica del prof. Petralia risale alla sua candidatura come capolista (non eletto) dei Ds nel 1998. Lo abbiamo “lasciato” a Sinistra. Certo, poi, alle ultime elezioni comunali ha fatto altre scelte e ha anche candidamente fatto da supporter a Mario Cantarella. Ma da qui, ad un impegno istituzionale a fianco del suo ex avversario, il passo è grande. Come si può? Condivisione di progetti o un semplice modo di fare una pernacchia alla Sinistra, tanto detestata? Motivazioni fragili, comunque la si voglia vedere. Che non valgono il rinnegamento di battaglie, idee, rapporti ed esperienze passate. Che non valgono una così plateale azione di trsformismo.
No, non si tratta di «uno come altri». Petralia non può essere paragonato a Rosetta Bonanno (passata dai Ds all’Udc) o a Salvatore Scirocco (da Rifondazione comunista all’Udc). Non c’è misura. E nemmeno si possono citare i casi di Andrea Ingiulla (da compagno socialista alla corte della Cdl), Salvatore Mazzone (dai Verdi a Forza Italia), Enzo Meccia (nato nel Pci, oggi in Nuova Sicilia) o, esemplare classico di “politico saltellante”, di Antonio Portale (non elenchiamo i suoi passaggi, si imballerebbe il computer). Persino il paragone con Carmelo Nicolosi (da nemico di Manna a suo assessore) non regge. Il caso di Petralia, per il suo percorso, il suo spessore, la sua statura politica, ha caratteristiche uniche. Per questo, i biancavillesi pensanti dovrebbero riflettere. Un paese che perde la sua capacità ad indignarsi, non ha futuro.
La politica o è scontro di idee (senza molotov e manganelli, certo) o non è. O è differenza di posizioni o non è. O è linearità di percorsi o non è. Diamo conferma, altrimenti, al qualunquistico “tutti gli stessi sono”.
E’ ancora più triste che l’operazione “amici per la pelle” Petralia-Cantarella (che effetto vederli uno a fianco all’altro, in aula) sia stata attuata non da due centristi alla Portale con la concezione della politica “un po’ di qua e un po’ di là”, ma da due “puri e netti”, oltre che da due insegnanti, che in classe dovrebbero educare ad una politica trasparente, sana, senza confusioni, senza inciuci (che «cattivi maestri»). E dovrebbero educare soprattutto alla coerenza. La coerenza… qualità ormai bandita in politica! Ci vorrebbe una petizione da rivolgere a Zingarelli e ai De Voto-Oli affinché si muti il significato della voce “coerenza” nei loro vocabolari e la si aggiorni secondo i nuovi comportamenti.
A questo punto, il prossimo candidato a sindaco della Sinistra perché non si impegna a designare quale suo assessore Vincenzo Randazzo? L’esponente di An saprebbe dare il suo buon contributo, visto che non gli è stato concesso da questo sindaco.
Ma come prescindere dal diverso riferimento a valori, ideali, principi? Anche in una piccola realtà come Biancavilla? Altrimenti diciamolo chiaro: aboliamo gli schieramenti tradizionali e i simboli dei partiti (in quello del sindaco resiste ancora la Fiamma Tricolore e la sigla Msi, elementi che per tanti militanti e simpatizzanti di Destra costituiscono ancor’oggi un valore), così da potere scegliere tra due, tre o quattro opzioni di aggregazioni di movimenti civici in base a progetti a scadenza quinquennale.
Sarebbe la morte della Politica basata sul confronto-scontro di diverse concezioni della società. Sempre meglio, però, che calpestarla ipocritamente con intrecci innaturali pur di arrivare ad un posticino di assessore all’Urbanistica in un provincialissimo comune etneo.
«Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio… Qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro». Parole di Giorgio Gaber. Da incorniciare nella stanza del neoassessore.
Vittorio Fiorenza